Fred Moorman è un cinquantenne con una vita normale: una casa, una moglie, un figlio, un lavoro. Eppure, quando casualmente incontra un vecchio compagno di scuola, Max, si rende conto della mediocrità della sua esistenza e fa di tutto per riallacciare un legame che lo porterà ad essere complice di azioni poco raccomandabili.
Odessa Star è un altro dei capolavori di un genio! Herman Koch non si smentisce. Il suo è un occhio puntato in profondità nella psiche, così da smascherare le ipocrisie e le falsità che, se pur taciute, covano nelle viscere di ciascuno di noi.
In questo romanzo, dove a parlare è il protagonista in prima persona, noi lettori sappiamo tutto quello che Fred pensa, senza filtri, senza fronzoli, senza abbellimenti. E quello che viene fuori di lui è il profilo di un personaggio di un cinismo graffiante, irritabile e irritante, con uscite al vetriolo e politicamente scorrette. Un benpensante che nasconde un’interiorità torbida. Insomma, uno di quelli verso cui non si può che provare repulsione, stizza, orrore ma che in qualche modo – o almeno in questo romanzo – suscita simpatia. Forse perché quello che prova è molto simile ad un sentimento di insofferenza, cattiveria o fastidio che a tutti può capitare di provare per un familiare, per un vicino di casa, perfino per uno sconosciuto entrato chissà perché nel nostro raggio d’azione.
Ed è proprio in virtù di questa sorta di segreto inconfessabile che si crea una complicità con il personaggio, tanto da non riuscire a condannarlo per le sue intenzioni.
Tenni a freno la voglia di spaccargli la bottiglia sul mento, come una nave da varare prima di farla scivolare lungo lo scalo fino in mare, e gli riempii il bicchiere. Sarebbe stata troppa grazia avere uno scatto di violenza, apparentemente scaturito dal nulla, alla mia festa di inaugurazione – troppo onore per un carciofo insulso come Erik Mencken. Ma l’immagine della bottiglia di vino bianco che si frantuma sul mento del presentatore mi piaceva al punto che me la ricreai mentalmente più volte, continuando a fissarlo nel modo più neutro possibile.
In qualche modo Koch riesce a far sembrare giustificabili comportamenti indubbiamente sconvenienti e a sospendere il giudizio su chi arriva ad azioni poco raccomandabili o addirittura efferate. Lo ha fatto ne La cena e lo conferma in questo Odessa Star (anche se non in quest’ordine). Ecco perché il lettore, pur deprecando razionalmente certi atteggiamenti, alla fine non può che essere dalla parte degli aguzzini stessi, strizzando l’occhio a Fred e ai suoi complici.
Una storia che imprigiona nella sua trama e una scrittura cruda che sa dare risalto all’aspetto grottesco della vicenda.