Tertulliano Máximo Afonso resta impressionato e profondamente scosso dalla visione di un film in cui un attore minore gli assomiglia in tutto e per tutto. Inizia così la ricerca del suo sosia e, quando si troverà faccia a faccia con lui, niente sarà più lo stesso.
Come in Cecità anche ne L’uomo duplicato il preambolo è assurdo, fuori dal normale o per lo meno alquanto improbabile. Ma tutto ciò che segue è perfettamente in linea con le scelte che un uomo, benché sotto shock, farebbe in una situazione che non ha precedenti nella storia del mondo.
È impossibile non notare come il tema del doppio in Saramago sia causa di una forte crisi di identità per chi ne è soggetto in prima persona (ma anche per quanti ne sono coinvolti indirettamente). Il problema ruota intorno ad un concetto: se i due protagonisti non sono unici e inimitabili, quale dei due è l’originale e quale la copia? L’essere privati in qualche modo della propria esclusività individuale fa di entrambi i protagonisti due uomini incompleti. Che lo si voglia o no, l’abito è quanto vi sia di meglio per fare il monaco.
Ecco perché le reazioni e le elucubrazioni dei personaggi, anche quando assurde e contrarie al senso comune, sono perfettamente comprensibili. E, a proposito del senso comune – che in questo romanzo veste i panni di Grillo Parlante che compare al momento più opportuno – le battute che Tertulliano scambia con questo invisibile ma saggio personaggio sono quanto di più irresistibile si possa leggere.
Non vuoi salire, Fino a oggi non mi avevi mai invitato, Lo sto facendo adesso, Grazie, ma non devo accettare, Perché, Perché altrettanto non è salutare per lo spirito vivere pappa e ciccia con il senso comune, mangiare alla stessa tavola, dormire insieme a letto, accompagnarlo al lavoro, chiedergli l’approvazione o il consenso prima di fare un passo, qualcosa dovrete pur rischiarla per conto vostro, A chi ti riferisci, A voi tutti, al genere umano […]
Il libro, specie nella parte finale, si legge come un giallo, con quella foga di capire come si possa concludere una situazione tanto paradossale. Salvo poi restare sbalorditi nelle battute conclusive che, proprio come nei migliori gialli, mettono in luce un dettaglio per nulla trascurabile a cui anche il lettore più attento con ogni probabilità non aveva dato importanza.
Ma la particolarità dell’autore portoghese non risiede solo nelle tematiche. Ancor più destabilizzante è lo stile, unico nel suo genere, che Saramago usa nelle sue opere. La punteggiatura è usata in modo non convenzionale; le frasi possono chiudersi pagine dopo il loro inizio; le battute dei dialoghi rimbalzano da uno all’altro personaggio senza simboli riconosciuti e riconoscibili. Insomma, una scrittura che richiede il dovuto impegno, che tiene accesa la mente e i sensi all’erta.
A mio avviso Saramago è stato un genio della letteratura (non a caso, ha vinto il Premio Nobel nel 1998), uno scrittore che ha inventato un nuovo modo di comunicare con il lettore e da cui non dubito abbiano preso spunto autori contemporanei come Javier Marías e Orhan Pamuk. Per questo motivo ritengo che tutti, e non solo i lettori “forti”, dovrebbero cimentarsi almeno una volta con una sua opera. Cecità è considerato il suo capolavoro ma, credetemi, questo L’uomo duplicato non è affatto da meno.