Maria è irresistibilmente attratta da una coppia che vede tutte le mattine nello stesso bar in cui va a fare colazione. Un giorno scopre che il marito, Miguel, è stato assassinato e sente l’impulso irrefrenabile di entrare nella vita dell’ormai vedova, Luisa. È grazie a questo improbabile rapporto che Maria inizia una relazione con Javier, amico intimo del defunto, finché non scopre che lui prova dei sentimenti per Luisa. Che c’entri qualcosa con l’omicidio di Miguel?
Nessuno mi aveva preparata a questo, nessuno mi aveva detto che ci sono libri che devono essere consumati con moderazione. E per me – che i libri che ho amato li ho letti sempre tutti d’un fiato – è stato alquanto complicato rallentare il ritmo.
Javier Marías è uno scrittore che va centellinato perché ha una scrittura talmente magmatica e densa che non è solo difficile ma a volte fisicamente stancante stargli dietro e seguire passo passo il turbinio delle sue considerazioni.
Se è vero che Domani nella battaglia pensa a me è considerato il suo romanzo più memorabile, per me Gli innamoramenti è di gran lunga più interessante e meglio riuscito. Anche qui si incespica nei ragionamenti della protagonista spesso e volentieri (ma, fidatevi, soprattutto volentieri): saltano di palo in frasca, fanno dei voli pindarici e poi tornano sulla retta via e alla trama vera e propria. Ed è proprio per seguire questo flusso di pensieri contorti e ingarbugliati che anche la scrittura finisce per essere poco lineare e fluida. A volte bisogna tornare indietro di qualche riga o addirittura di qualche pagina per riprendere il filo del discorso. Ma ne vale la pena, perché c’è qualcosa di mistico in questo modo di scrivere di Javier Marías, ha qualcosa della rivelazione.
La vicenda è senza dubbio d’effetto ma quello che colpisce nei romanzi di Marías non è la storia in sé ma tutto ciò che quell’evento – in questo caso la morte di un giovane sconosciuto – scatena nella mente dell’io narrante.
Quando qualcuno è stato abbandonato, si può fantasticare un ritorno, che l’abbandonatore rivedrà la luce un giorno e tornerà al nostro cuscino, perfino se sappiamo che ormai ci ha sostituito e che è impelagato con un’altra donna, in un’altra storia, e che si ricorderà di noi soltanto se all’improvviso gli va male con la nuova, o se insistiamo e ci facciamo vivi contro la sua volontà e tentiamo di preoccuparlo o blandirlo o fargli pena o vendicarci, fargli capire che non si libererà mai del tutto di noi, che non desideriamo essere un ricordo che scema ma un’ombra inamovibile che l’accerchierà e lo spierà sempre; e rendergli la vita impossibile, e in realtà fare in modo che ci odi. Al contrario non è possibile fantasticare su un morto, a meno che non perdiamo la ragione…
Ok, è contorto. Ma non è anche geniale?
Amore, morte, desiderio di vendetta, tradimento: di questo è fatto l’animo umano e di questo Javier Marías è narratore impareggiabile. E se anche si ha continuamente l’impressione di aver perso la bussola, alla fine tutto torna!
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