Amal è un ragazzo nato servo ma intimamente legato ad Ahmed, il figlio del suo padrone; con lui gioca a fare l’uomo e si apposta per vedere da vicino i mujaheddin, i Neri. Non sanno i due ragazzi che presto la loro vita sarà legata a quella di quegli spietati assassini.
A due anni dall’uscita di Non dirmi che hai paura, Giuseppe Catozzella torna in libreria con Il grande futuro: ancora una volta, la sua è una storia vera, la storia di un uomo che vorrebbe nobilitarsi dalla sua condizione di servo ma trova l’orrore della lotta armata, di mani insanguinate in nome di un’ideale.
Quella di Alì (poi ribattezzato Amal e dopo ancora Alì del deserto) è una vita iniziata sotto una cattiva stella, con un destino segnato che lo vuole guerriero che porta la guerra nel suo villaggio, quel villaggio in cui è cresciuto e in cui ha conosciuto il valore dell’amicizia.
Alì e Amed: due amici che seppur appartenenti a ceti sociali differenti (l’uno è il padrone dell’altro) promette di essere salda, indistruttibile. Poi la calunnia: il tradimento peggiore soprattutto se arriva da chi si considera un fratello.
Il desiderio di deviare il proprio futuro dalla sofferenza è il leitmotiv che spinge le loro strade in due direzioni opposte.
Mai avremmo potuto immaginare, io e Ahmed, quel pomeriggio, che molti anni dopo ci saremmo ritrovati a combattere quella stessa guerra, uno dalla parte dei Neri e l’altro da quella dell’Esercito Regolare.
Onestamente ho comprato questo libro per capire se il successo di Non dirmi che hai paura fosse un caso isolato o piuttosto l’inizio di una promettente carriera. Ebbene, benché abbia riscosso meno clamore, trovo che questo Il grande futuro sia altrettanto potente, altrettanto coinvolgente ma soprattutto altrettante commovente.
Il personaggio di Amal ha un’anima che emoziona, combattuto tra il dovere di compiere il destino che è scritto per lui e la voglia di ribellarsi ad esso; un personaggio che anche nel commettere le azioni più atroci non perde la sua umanità (anzi, è proprio il dolore causato che risveglia la sincerità e la bontà del suo cuore).
Amal non vuole piegarsi alle profezie della vecchia Raja e teme che il suo debole cuore – il cuore di una infedele – lo guidi verso una strada sbagliata. E non da ultimo, forte è in lui il desiderio di non essere uno schiavo come suo padre: vuole essere libero. Questi sono i motivi che lo spingono a lasciare la sua amata isola, il suo amato mare e cercare di essere un uomo vero, un uomo forte e spiritualmente inappuntabile. È nella Grande Moschea nel Deserto che imparerà a pregare, a entrare in contatto con la propria anima, ma neanche le mura di quel luogo sacro potranno tenerlo lontano dal suo destino.
Mentre pregavo chiesi perdono ad Allah per ciò che stavo per fare.
Avevo fatto il mio ingresso dentro la Grande Moschea dopo aver attraversato il deserto, con la più grande delle speranze nel cuore.
Dopo tanti anni ne sarei uscito con una speranza ancora maggiore: era tempo che la religione si facesse azione.
Inizia così la storia di uno dei tanti mujaheddin che stringe il Corano in una mano e un’arma nell’altra. È con lui che entriamo negli accampamenti dei Neri, scoviamo i tanti bambini portati via dalle loro famiglie per farne guerrieri e martiri pronti a farsi esplodere. È con lui che conosciamo donne rapite per perpetrare la stirpe degli assassini morti sul campo di battaglia. Ma soprattutto è con lui che assistiamo alla barbarie più bieca ai danni di chi non vive degnamente al cospetto di Allah.
Una storia dura che ci porta dritto nel cuore dell’Islam più estremista, ma lascia aperto uno spiraglio da cui far entrare un pizzico di speranza di redenzione.