Alice Humphhrey lavora da qualche settimana come responsabile di una galleria d’arte ma senza avere molti contatti diretti con il suo capo né con il finanziatore della galleria stessa. Un giorno però il suo datore di lavoro viene trovato morto e lei è la sospettata numero uno per via di una foto in cui la si vede baciare la vittima (momento che non ricorda di aver vissuto). Chi vuole incastrarla e perché?
Dopo La ragazza nel parco, Alafair Burke torna in libreria con un nuovo thriller che promette di bissare il grande successo del romanzo d’esordio: Una perfetta sconosciuta.
Partiamo dal presupposto che già con La ragazza nel parco l’autrice americana non mi ha particolarmente stregato perché ho trovato che il ritmo non sia per nulla serrato – elemento che ritengo doveroso per un thriller che si rispetti. E se il precedente romanzo non mi aveva del tutto convinto, questo è se vogliamo ancor meno riuscito dal punto di vista del ritmo.
Le prime cento pagine sono di una lentezza disarmante, così poco coinvolgenti che viene voglia di arrendersi e non terminare il libro. Superato l’impasse invece i contorni della vicenda cominciano a prendere forma e ci si ritrova a barcamenarsi tra un caso di omicidio e la sparizione di una adolescente liceale. C’è un nesso tra i due eventi?
Si riprende nella fase finale quando gli eventi prendono sì una piega più avvincente ma senza creare quella tensione che fa venir voglia di andare avanti e ancora avanti per risolvere il caso prima che sia l’autrice stessa a rivelarlo.
Come ho detto, il ritmo non è proprio il suo forte ma mi sento di dire che non brilli neanche per originalità della trama che, se pur sembra ben orchestrata, alla fine risulta intessuta solo da un insieme fortuito di collegamenti. Viene così a mancare una continuità e una omogeneità della trama. Insomma, un libro di cui forse si poteva fare a meno!