È un albero genealogico molto intricato quello che la Fallaci ci racconta in una saga familiare monumentale che coinvolge i suoi avi a partire dalla fine del Settecento. Quattro rami che, attraverso peripezie e avventure amorose, hanno portato a lei, a Oriana.
Ora che il futuro s’era fatto corto e mi sfuggiva di mano con l’inesorabilità della sabbia che cola dentro una clessidra, mi capitava spesso di pensare al passato della mia esistenza: cercare lì le risposte con le quali sarebbe giusto morire. Perché fossi nata, perché fossi vissuta, e chi o che cosa avesse plasmato il mosaico di persone che da un lontano giorno d’estate costituiva il mio Io.
Inizia così Un cappello pieno di ciliege, la saga familiare che racconta come si sia arrivati alla straordinaria donna che ne è l’autrice, Oriana Fallaci. Un resoconto di come si siano formati i suoi cromosomi e di come in più occasioni abbia corso il rischio più atroce che possa capitare a chi ama la vita e pur di viverla è pronto a subirne tutte le catastrofiche conseguenze: il rischio di non nascere.
Il romanzo narra la vita dei suoi antenati, quattro nuclei familiari che si intrecciano negli anni che vanno dalla Rivoluzione francese al Risorgimento italiano.
E dire che la Fallaci restituisca un’ottima caratterizzazione dei personaggi è un eufemismo: non si limita a informarci di ciò di cui è venuta a conoscenza tramite i racconti di genitori e nonni, ma arriva a immedesimarsi in ciascuno dei suoi stessi avi (“arcavoli” li definisce lei), osservando il mondo coi loro occhi e provando sulla sua pelle le umiliazioni, i dolori, le pene d’amore, le speranze che hanno provato loro.
E così, senza preavviso, la Fallaci diventa ora la trisavola Caterina, così desiderosa di imparare a leggere e a scrivere che ammaliò proprio con un cappello pieno di ciliege il suo futuro sposo, il contadino Carlo Fallaci; ora diventa il marinaio Francesco che in una notte di burrasca si innamora, ricambiato, della misteriosa passeggera a bordo, Montserrat; ora veste le spoglie del malinconico Giovanni, distrutto dal rimpianto di sentirsi chiamare zio dal figlio Giobatta e pazzo d’amore per la cognata Teresa; o ancora la timida Marguerite, incinta a sedici anni di un soldato morto in guerra.
E infine veste i panni di Anastasìa, la bisnonna paterna: è a lei che sono dedicate le ultime e più struggenti pagine dell’opera. Seducente e ammaliatrice Anastasìa, rimasta incinta di un uomo potente in tutto il Paese, l’Innominato; l’avventuriera Anastasìa, che dopo aver abbandonato la figlia fugge in America; la passionale Anastasìa che torna per creare ulteriori danni a quella stessa figlia ma che alla fine si riscatta facendo la sua felicità. La Fallaci dimostra per questa antenata un rispetto e un rammarico senza fine. Ma anche la gratitudine per una donna forte che, con le sue scelte, ha permesso a lei di essere concepita e venire al mondo.
Il resto è una sofferenza che quelle mie tre vite hanno trasmesso a questa mia vita come una malattia. È un’orgia di dolore che ancor oggi m’avvelena il ricordo di quand’ero Antonio, ero Giacoma, ero Anastasìa.
Tanti sono i fantasmi del passato dell’autrice e lei si presta a incarnare ora l’uno ora l’altro per dare a noi la possibilità di addentrarci completamente nelle avventure spesso travagliate delle loro vite. E, come Oriana stessa scrive nell’introduzione, tutti quei suoi “genitori” diventano improvvisamente “figli”, partoriti dalla sua penna e grazie a quest’opera eternamente vivi.
E ora, arriviamo alle note dolenti. Mentirei se dicessi che questo è un libro che si legge tutto d’un fiato. Oltre 800 pagine fitte fitte, in cui la Fallaci infarcisce la storia dei suoi avi con un quadro socio-politico dell’Italia durante il secolo in analisi. E benché il suo sia un punto di vista molto originale (non quello degli storici ma delle persone comuni che ne furono spettatori e vittime), devo ammettere, ahimè, che la sua è una ricostruzione storica davvero meticolosa, dettagliata nei minimi particolari, direi sfiancante. Le guerre d’Indipendenza, i moti rivoluzionari, il giogo dei francesi sul suolo italiano, non lesinando alcuni riferimenti ai fatti salienti avvenuti nel resto del mondo – la rivoluzione Francese, Napoleone, le spedizioni militari in Russia, Lincoln e la Guerra di Secessione. Il tutto ripercorso per mettere l’accento su come questi avvenimenti abbiano avuto ripercussioni sui quattro ceppi familiari.
Ad ogni modo, un libro davvero poderoso, una lettura piena e coinvolgente e uno stile elegante e curato (con l’unica eccezione per quel “ciliegie” senza i, che proprio non mi va giù).