Estate 1994. Si inaugura il primo festival teatrale a Orphea quando si scoprono i cadaveri di quattro persone. Estate 2014. Fervono i preparativi per la ventesima edizione del festival quando la giornalista Stephanie Mailer avvicina l’ispettore Rosenberg e lo avverte che quelle indagini non avevano portato alla cattura del vero colpevole. Pochi giorni dopo Stephanie scompare e si trova il primo cadavere…
L’ultimo romanzo di Joël Dicker è l’ennesimo giallo che promette di bissare il successo de La verità sul caso Harry Quebert ed essere il bestseller dell’anno. Ma, a mio avviso, La scomparsa di Stephanie Mailer non ha tutte le carte in regola per diventarlo.
La sparizione di una giovane giornalista, Stephanie appunto, è il leitmotiv che porterà a riesaminare il caso di un quadruplice omicidio avvenuto vent’anni prima durante l’inaugurazione del festival di Orphea. Un caso risolto in poco tempo, apparentemente in modo brillante; eppure una serie di altre uccisioni risulta collegata a quel tragico evento e costringerà a riprendere in mano i carteggi degli inquirenti, a parlare con i testimoni, a cercare una nuova pista perché “la verità è sotto gli occhi di tutti ma nessuno l’ha vista”. Adesso, a distanza di tanti anni, qualcuno sta eliminando chiunque abbia informazioni importanti da riferire, informazioni che ai tempi non erano state prese in seria considerazione (o che erano state appositamente insabbiate).
Quando uccidi una volta, puoi uccidere due volte. E quando hai ucciso due volte, puoi uccidere l’intera umanità. Non ci sono più limiti.
Sette cadaveri, sette vittime di un assassino inesperto, a tratti maldestro, costretto a uccidere per salvare il suo segreto. Ma qual è questo segreto?
Il mistero si infittisce man mano che entrano in gioco nuovi personaggi, che apparentemente non hanno nulla a che spartire con i fatti avvenuti vent’anni prima, ma che per puro caso – ma forse non si tratta solo di una coincidenza – sono tutti presenti a Orphea per il ventennale del festival.
Via via che si prosegue nella lettura si scopre che tutti i personaggi hanno vissuto il loro giorno della svolta, la loro personale notte buia in cui la vita ha fatto una brusca virata e ha cambiato direzione. E questo scavare nel loro passato insinua il sospetto che in ciascuno di loro si nasconda un potenziale assassino. Anche in quelli più insospettabili.
Ma se la lettura prosegue tutto sommato spedita e con una serie di colpi di scena che alzano l’asticella della suspense, non posso non parlare delle note dolenti del libro (che ahimè, sono più di una).
Intanto, ho trovato che l’autore si sia dilungato oltremodo su flashback e dettagli che alla fin fine si sono rivelati insignificanti (e se non scendo nei dettagli è per non rovinare la sorpresa a chi si accinge a leggerlo). In questo modo, la narrazione ne esce appesantita e in certi capitoli perfino noiosa. E se lo dice una che con i gialli di un certo spessore ci va a nozze, ma che in questo caso si è trovata a forzarsi per andare avanti, vuol dire che qualcosa non ha funzionato.
Ma la cosa che mi ha infastidito di più è che tutta la vicenda si basa su presupposti inverosimili, in primis perché le indagini di vent’anni prima erano state condotte in modo superficiale da due poliziotti alle prime armi, con pochissima attenzione ai particolari e parecchi insabbiamenti. Come se ciò non bastasse, anche le indagini sugli ultimi omicidi vengono svolte con tempi biblici, accettando perfino di assistere inermi alla rappresentazione che dovrebbe svelare il nome dell’assassino.
Insomma, nel complesso ritengo che siamo molto lontani dalla riuscita de La verità sul caso Harry Quebert e de Gli ultimi giorni dei nostri padri: la trama è decisamente più lenta (basti dire che la parte centrale poteva essere tagliata a piè pari), poco convincente e inutilmente contorta. In una parola: una delusione!