Eleanor ha quasi 30 anni, lavora da otto in un ufficio e vive in un piccolo appartamento con la sola compagnia di Polly, una pianta. La sua è una vita semplice e molto abitudinaria, ma le cose sono destinate a cambiare quando incontra due ragazzi: un musicista da pub e Raymond, il nuovo addetto ai computer.
Eleanor Oliphant sta benissimo è uno dei casi editoriali del 2018. L’autrice Gail Honeyman racconta la storia di una giovane donna che si trova a dover fare i conti col passato e a cercare di dare un senso alla sua vita futura.
Eleanor è un personaggio sopra le righe. Ha un’indole schiva e solitaria, priva di qualsiasi attitudine alla socializzazione, e un comportamento spesso fraintendibile per i modi bruschi, al limite della maleducazione. La prima impressione che il lettore ha di lei è quella di una figura poco simpatica e poco empatica: una primitiva in un mondo connesso e social, una persona sola e perlopiù invisibile.
Ai giorni nostri la solitudine è il nuovo cancro, una cosa vergognosa e imbarazzante, così spaventosa che non si osa nominarla: gli altri non vogliono sentire pronunciare questa parola ad alta voce per timore di esserne contagiati a loro volta, o che ciò possa indurre il destino a infliggere loro il medesimo orrore.
Il suo percorso di crescita sarà costellato da prime volte: lo shopping, il parrucchiere, la manicure, il trucco. Tutto ciò che una ragazza normale fa regolarmente lei lo scopre alla veneranda età di 30 anni come fosse un piccolo traguardo verso una nuova vita. Ogni giorno aggiunge un tassello al puzzle che restituirà l’immagine di una Eleanor più matura e consapevole, ma soprattutto libera dai fantasmi che si porta dietro.
Quello che scopriamo poco alla volta è, infatti, un passato fitto di brutte esperienze, di incontri poco raccomandabili e di ferite inferte da chi dovrebbe amarti e proteggerti più di chiunque altro. E ogni nuova rivelazione è una stoccata alla sensibilità del lettore.
Il rapporto con la madre appare da subito malato: Eleanor cresce con una donna anaffettiva, violenta e maniacale; e anche adesso che è adulta e autosufficiente, la telefonata settimanale della madre le infligge ogni volta una piccola cicatrice al cuore.
«Volevo solo dirti che sei un inutile spreco di tessuto umano, tutto qui», sentenziò, luccicante come un coltello. «Ciao, tesoro!»
Silenzio.
Indimenticabile è il personaggio di Raymond, un ragazzo sgraziato e non molto avvenente, ma con un cuore grande che riesce poco a poco ad aprirsi un varco nella corazza che Eleanor si è costruita intorno. È lui il supereroe di questa storia, che spunta al momento giusto per portare in salvo la sua bella e dimostrarle il suo affetto attraverso piccoli gesti. Piccoli ma importanti.
Il romanzo può essere idealmente diviso in due parti: la prima dai toni più leggeri e divertenti (che solo di tanto in tanto lascia trapelare schegge di orrore); la seconda ha invece un registro più alto, più serioso e conforme all’argomento decisamente meno ludico che l’autrice va ad affrontare. È in questa fase – ma soprattutto nelle battute conclusive – che emerge in tutta la sua brutalità il dramma vissuto dalla protagonista.
Ed è in queste pagine che trapela il vero potenziale narrativo della Honeyman.
Gail Honeyman
Eleanor Oliphant sta benissimo
Garzanti, 2018
pp. 344