In un periodo in cui tutto sembra andare a rotoli, Eshkol (o sarebbe più giusto dire il suo alterego) decide di dedicare del tempo a una serie di domande per un sito internet. Domande banali da cui però trarrà lo spunto per parlare di sé, della moglie Dikla, del rapporto con i suoi tre figli e della morte imminente di uno dei suoi più cari amici.
Dopo il clamoroso successo de La simmetria dei desideri e di Tre piani (a cui mi sento di aggiungere Nostalgia, benché qui in Italia non sia stato altrettanto apprezzato) Eshkol Nevo torna in libreria con L’ultima intervista, un romanzo costruito come una lunga chiacchierata a cuore aperto tra uno scrittore e il suo pubblico.
Quello che emerge è il dramma di un quarantenne in crisi, che sta attraversando una fase della sua vita di grandi cambiamenti: la moglie si è allontanata e si è presa del tempo per pensare al loro futuro come coppia; la figlia maggiore, la prediletta, se ne è andata di casa e non vuole avere rapporti con lui; Ari, il suo migliore amico e compagno di mille avventure, è in un letto di morte, mentre un altro è scomparso senza lasciare traccia. E, come se non bastasse, anche la scrittura – che è il suo lavoro, ma anche la sua passione – lo sta tradendo (perché, come lo accusa la moglie, vive le esperienze personali come materiale per il prossimo romanzo).
Di norma durante un’intervista uno scrittore può scegliere di eludere la verità nascondendosi dietro risposte preconfezionate e banali, oppure può scegliere di aprirsi profondamente e raccontarsi per quello che è. In questo romanzo, Eshkol Nevo usa il suo personaggio per placare la curiosità del lettore medio, il quale tende a chiedersi se ci sia una simmetria tra uno scrittore e il suo personaggio. Bene, mai come in questo caso il confine tra i due è stato così labile.
Certo è che ogni volta che leggevo un aneddoto più intenso di altri, più emozionante, mi chiedevo: quanto c’è di Nevo in questa storia? Ci sarà stata realmente una Tali, un’ex fidanzata che riappare dopo anni, lo bacia e scompare di nuovo? Ha davvero usato un fatto vergognoso di sua figlia come argomento per un libro? La notte trascorsa oltre la Linea Verde con il piccolo Nimrod tra le braccia è esistita davvero?
Questi episodi sono frutto della sua storia personale o è solo un mirabile cantastorie? D’altronde, è lui stesso a mettere in guardia il lettore dal prendere questa intervista con la dovuta cautela.
I libri possono essere – per i lettori e per gli scrittori – una buca in cui nascondersi.
Anche questa intervista è una buca.
Per non sapere cosa succede là fuori.
Quella di Nevo è una struttura fluida, libera. Passa da un argomento ad un altro senza alcun tipo di continuità, eppure quello che ne viene fuori è un racconto lineare, organico, non una narrazione frastagliata e, perciò, slegata.
Se si considera che le domande ruotano tutte sul suo essere uno scrittore, a conti fatti il tema della scrittura è quello a cui l’autore-personaggio dà meno rilevanza. Spesso risponde alle domande in modo secco, ma il più delle volte la risposta è un pretesto per aprire un cassetto della memoria, per indagare il rapporto con la moglie, con i figli, con l’amico del cuore. E così mette a nudo se stesso, senza freni, senza frasi preparate a tavolino. Verità pura e semplice o finzione magistralmente raccontata? Chissà… ma intanto ha sfornato un romanzo di grande impatto emotivo.