Adam e Cynthia sono giovani novelli sposi alle prese con la vita di tutti i giorni. Eppure a loro non basta, vogliono di più, vogliono il denaro e una posizione consolidata. Col passare degli anni raggiungono i loro obiettivi ma il prezzo da pagare potrebbe essere alto…
Non so con precisione cosa mi abbia attratto di questo libro, non il titolo né la copertina; certo è che non mi ha lasciato indifferente il commento in copertina di Jonathan Franzen (di cui non ho ancora letto nulla per una sorta di paura reverenziale nei suoi confronti). Un esemplare racconto del mondo dei nuovi ricchi, sublime e divertente in ogni sua pagina. Ecco ora… divertente lo è in certi passaggi, ma non aspettatevi l’umorismo alla Nick Hornby, ma sublime proprio non direi. Tutt’al più piacevole.
I privilegiati è la storia di una coppia che sembra avere come unico obiettivo nella vita quello di fare soldi. Non di godersi la vita con quei soldi, non di girare il mondo né di spendere e spandere. No, solo di averli, di accumularli, sempre di più. Non che siano restii a sventolarli in faccia a chicchessia o di elargire mance con un numero spropositato di zeri, ma lo fanno come se fosse un dovere che hanno nei confronti della società a cui appartengono, per mostrare il loro potere.
Avevano più soldi di quanti chiunque sarebbe riuscito a spenderne, così tanti che dovevano pagare della gente perché li aiutasse a capire come darli via; eppure, invece di smettere, suo padre lavorava sempre più, guadagnando dal nulla una quantità assurda, oscena di denaro.
Il fatto sorprendente è che non c’è mai un vero tentativo dell’autore di puntare il dito su queste vite dissolute e interiormente povere – a tratti mi facevano anche tenerezza questi due eterni innamorati. È come se Jonathan Dee preferisse non schierarsi e lasciare al lettore l’opportunità di farsi la sua idea. Beh, la mia è ovvia. Il risultato di due genitori così non poteva che essere una figlia egoista, superficiale, irresponsabile… ah, e ovviamente drogata! A questa ereditiera viziata manca solo il chihuahua in borsetta con tanto di abitino e bijou per assomigliare a una Paris Hilton dei nostri giorni, tutta feste, alcol e spinelli.
Contenuti a parte – inutile sottolineare che alla fine i soldi non fanno la felicità – ho trovato che la storia manchi di omogeneità. È tutto un susseguirsi di episodi, a volte riguardanti Cynthia, altri Adam, altri ancora i loro figli April e Jonas, ma spesso questi sono slegati l’uno dall’altro, dando l’impressione di un insieme di avvenimenti narrati, ma non di un romanzo lineare. E in questo senso non aiutano neanche i salti temporali per descrivere un menage familiare spalmato su 20 anni.
La parte finale del libro però è un vero gioiellino… di cinismo!