A quattro anni, Noah dimostra di sapere cose di cui nessuno gli ha mai parlato e ha reazioni molto violente ogni volta che deve entrare in contatto con l’acqua. Dopo averlo sottoposto ad accertamenti medici, la madre Janie interpella il dottor Andreson, un vecchio psichiatra esperto in casi di ricordo di una vita precedente.
Mi sono imbattuta per caso in questo L’altro figlio di Sharon Guskin, di cui francamente non avevo sentito parlare, ma che mi ha attirata prima per la copertina, poi per la trama.
Inizio col dire che la Guskin non ci sa fare con gli incipit né con gli epiloghi dato che le prime pagine sono francamente scritte male (è un miracolo se non l’ho abbandonato subito) e le ultime cinquanta sono del tutto superflue (buttate lì per allungare il brodo).
Quello che c’è in mezzo però ha avuto un impatto non indifferente su di me che, pur non credendo nella reincarnazione, mi sono scoperta coinvolta dall’argomento tanto da andare a cercare ulteriori approfondimenti in rete (ma già nel libro sono riportate le testimonianze di alcuni casi riconosciuti dagli esperti come veritieri). Beh, posso dire che mi si è aperto un mondo.
A prescindere dal mio personale coinvolgimento, comunque, posso dire che l’impianto strutturale del romanzo è costruito in modo da creare un’atmosfera da film di fantascienza, dove le aspettative del lettore crescono sempre più fino a scoprire come si risolverà la vicenda del piccolo Noah.
La soluzione non era nel ricordare, ma nel dimenticare. Nessuna vita precedente, nessun mondo parallelo: solo questo, qui e ora, questa vita inspiegabile.
Non meno degna di nota è la descrizione psicologica dei personaggi, in primis di Janie che deve affrontare da sola le difficoltà di un figlio problematico che chiede di tornare nella sua casa, dalla sua mamma. Un incubo per una madre, credo!
Nel complesso, una lettura gradevole, da ombrellone.