Nathalie, hostess di volo, moglie e madre di due figlie, nasconde un segreto che all’improvviso irrompe nella sua vita: vent’anni prima ha avuto una relazione con Ylian, un uomo conosciuto in volo e con cui ha condiviso solo pochi giorni d’amore e con cui ha stretto un patto indissolubile.
L’ultimo romanzo di Michel Bussi, Forse ho sognato troppo, è un thriller che mescola insieme suspense, colpi di scena ma anche una buona dose di sentimentalismo romantico.
Quando Nathalie riceve il planning dei voli del mese, non può non notare che la sequenza è la stessa di vent’anni prima e subito si insinua il dubbio. Sono pazza. Sono sotto incantesimo. Sono manipolata.
È solo l’inizio di piccole ma significative coincidenze che riportano alla mente i ricordi di un passato che la protagonista ha custodito gelosamente per salvaguardare la sua famiglia. Il ritorno a Montréal, gli stessi colleghi dello staff di allora, oggetti smarriti che ricompaiono misteriosamente dopo due decenni, nomignoli privati pronunciati distrattamente. Poi Los Angeles e Barcellona. Gli stessi luoghi e le medesime situazioni. Solo coincidenze o è in atto un complotto per farla impazzire?
Avevo deciso di fidarmi del mio intuito, seguire la pista degli indizi, ripercorrere la strada di vent’anni prima, far rivivere il passato. E capire perché qualcuno avesse cercato di uccidere Ylian. Era una caccia al tesoro per salvarlo, quella che avevano messo in piedi? O una trappola mortale nella quale mi stavo infilando?
Rispetto ai più articolati e più riusciti thriller di Bussi – penso a Ninfee nere, Non lasciare la mia mano, Il quaderno rosso – questo Forse ho sognato troppo è meno complesso negli incastri della trama, più lineare.
Nel tentativo di smascherare chi ha messo in piedi questo teatrino, di scoprire chi c’è dietro ai misteriosi incidenti che mettono a repentaglio la vita di alcuni protagonisti, il lettore ha modo di conoscere un aspetto dell’autore del tutto nuovo: una vena romantica completamente inattesa, una caratterizzazione psicologica più accurata.
Certo, quello che manca è il realismo. Bussi chiede al lettore di stare al gioco, di credere che ricordi di nessuna importanza possano riaffiorare dopo tanti anni con una chiarezza e una lucidità impressionante. Chiede di chiudere un occhio sulle piccole incongruenze.
E pur essendo una lettrice pignola ed esigente, mi sento di non fare le pulci su questi aspetti secondari quando ho riscontrato un interesse spasmodico di andare avanti, una ritrosia a separarmi da Nathalie e dalla sua corsa verso il passato.
Michel Bussi
Forse ho sognato troppo
E/o, 2019