Alla morte del padre Vincenzo, è Ignazio a portare avanti il destino di Casa Florio e a tenerne alto il nome di famiglia. Ma non potrà goderne i frutti a lungo perché muore a soli 53 anni. A succedergli è Ignazziddu, appena ventenne e dedito alla bella vita. Con lui la discesa diventa inesorabile e la disfatta più rovinosa è dietro l’angolo.
A due anni dall’uscita de I Leoni di Sicilia, Stefania Auci torna a raccontare le vicende di casa Florio con L’inverno dei Leoni, in cui viene delineato alla perfezione l’inesorabile declino della famiglia.
Il romanzo si apre con la morte di don Vincenzo, il vero innovatore della Casa, colui che per primo aveva saputo pensare in grande e aprirsi alla modernità. Da quel momento a prendere le redini dei Florio è il figlio Ignazio, che già da tempo segue gli affari di famiglia. A spingere padre e figlio nella conquista dei mercati italiani e a sbarcare nelle Americhe è una bruciante sete di riscatto sociale perché sanno di essere considerati come stranieri. Nonostante il loro nome sia diventato sinonimo di potere, la Sicilia guarda a loro con diffidenza perché non sono dei veri signori, perché il loro sangue “puzza di sudore”, il sudore della fronte e delle braccia con cui hanno messo su un impero. Ma non basta. La gente non dimentica che Vincenzo è e resterà sempre un “facchino”, che Ignazio è nato bastardo e i suoi genitori si sono sposati solo in un secondo momento.
Ed è per questo che Vincenzo prima e Ignazio poi sentono di dover ricoprire il loro nome con i simboli del potere: così per la palazzina dei Quattro Pizzi all’Arenella e l’Olivuzza, per l’acquisto di Favignana e Marettimo, per la carrozza ferroviaria di famiglia, per i vari yacht, per Villa Igiea. E poi i gioielli, i vestiti, la servitù, le feste più grandiose che Palermo abbia mai conosciuto. Tutto finalizzato a costruire un’immagine della loro potenza.
«Se dal governo non avremo aiuti, dovremo cercarli noi, lottando con le unghie e con i denti. Bisognerà contare gli amici, ma soprattutto conoscere i nemici, sapere come combatterli, stando sempre con gli occhi aperti, perché gli errori non ce li perdonerà nessuno.
Ma quando è il turno di Ignazziddu prendere sulle sue spalle la responsabilità degli affari di famiglia, dimostra subito di non essere all’altezza del compito. Quello che ha ereditato è un patrimonio immenso, ma a lui manca qualcosa che ha contraddistinto suo padre e suo nonno: la prudenza, il rispetto per il lavoro altrui e, non ultimo, la capacità di avvertire in anticipo i cambiamenti in atto.
Con lui la discesa si fa sempre più inesorabile, gli affari vanno male il tenore di vita dei componenti della famiglia è decisamente troppo alto rispetto alle entrate. Pezzo per pezzo Ignazio vedrà le ville espropriate, i gioielli messi all’asta e le banche sempre più restie a concedergli credito.
Al suo fianco c’è Franca, una donna di una bellezza impareggiabile, perfetta donna di casa, madre affettuosa e moglie fedele: i suoi ricevimenti sono sulla bocca di tutti, i suoi ospiti (tra cui si annoverano D’Annunzio e i principi di tutta Europa) sono abbagliati dal lusso dei salotti di casa Florio. Invidiata da tutti, eppure è una donna malinconica, che ha sofferto molto, che si è imposta di non guardare ai tradimenti del marito, che ha perso tre figli e che si vede sfilare fino all’ultimo gioiello.
Se per Ignazio la crisi economica e la mancanza di eredi a cui affidare il patrimonio sono motivo di cruccio, per Franca è vedersi messa da parte dal proprio marito, essere considerata viziata, buona solo a spendere i soldi e a circondarsi di domestici. Ma soprattutto a renderla prematuramente invecchiata è assistere impotente alla morte prima di un figlio, poi di un altro. Eppure, è proprio nei momenti più bui, quelli del lutto, che i due sposi tornano ad essere una famiglia, a recuperare un po’ di amore, a mettere da parte le recriminazioni, i tradimenti, il rancore, a dimenticare gli scandali sopportati in silenzio.
Stefania Auci è bravissima a intessere le vicende della famiglia Florio con quelle dell’Italia a cavallo tra ’800 e ’900 e a fotografarne i mutamenti politici, sociali ma soprattutto economici. All’inizio di ogni capitolo inserisce un breve resoconto dei fatti storici più salienti così da calare le vicissitudini dei personaggi in una cornice perfettamente nitida.
Ma è ancora una volta la caratterizzazione dei personaggi la nota più significativa di questo romanzo; la loro reazione al declino suscita compatimento invece che biasimo, tanto si è immersi nei fatti raccontati.
Seppur vagamente meno avvincente rispetto al precedente romanzo, L’inverno dei Leoni è un romanzo ben scritto e che vale la pena leggere per chiudere il cerchio sull’ascesa e declino della famiglia Florio.