In una caffetteria in un seminterrato di Tokio, è possibile compiere un viaggio nel passato per incontrare qualcuno che ha frequentato lo stesso bar. Pur sapendo di non poter cambiare il presente, Fumiko, Kotake, Hirai e Kei decidono di intraprendere quel viaggio e di incontrare la persona a cui non hanno avuto il coraggio o l’opportunità di dire qualcosa di importante.
Finché il caffè è caldo di Toshikazu Kawaguchi è la storia di un viaggio tra passato e futuro ma con la consapevolezza che ciò che veramente conta è vivere il presente al meglio delle proprie possibilità.
La leggenda vuole che chi entra nel bar e si siede su quella sedia potrà tornare all’esatto momento in cui un episodio ha segnato il corso della propria esistenza e quello della persona che si ama. Il ritorno al passato non avrà conseguenze sul presente, non potrà modificare il corso degli eventi, né evitare la sofferenza delle persone coinvolte ma, ad ogni modo, consente di chiudere i conti con il passato.
Nonostante le tante regole (a dire il vero alcune senza senso) e il rischio di rimanere imprigionati nel passato, quattro donne decidono di intraprendere il viaggio per riprendere il filo di un amore perduto o di un rapporto familiare interrotto. Alla fine, non riusciranno a modificare il presente ma subiranno un mutamento interiore profondo, tale da consentire di riprendere in mano la propria vita con maggior consapevolezza e serenità.
I personaggi che si ritrovano in questo surreale bar hanno alle spalle un rimorso, un forte senso di colpa per ciò che avrebbero potuto dire o fare di fronte alla persona che più amano.
L’atmosfera che si respira in queste pagine è intrisa di malinconia, ma è pur vero che l’autore vuole trasmettere un messaggio di speranza e lascia ampio spazio ai sentimenti positivi, in primis la solidarietà, l’amicizia e il conforto che gli assidui frequentatori del caffè si dimostrano vicendevolmente.
Al di là del libro in questione mi sento di fare una considerazione sulla letteratura orientale in genere: tutti i romanzi giapponesi che ho letto finora – Murakami in primis – sono sostenuti da un impianto surreale, da un realismo magico che irrompe prepotentemente nella vita dei personaggi e cambia in qualche modo il corso degli eventi. Questo mi fa pensare che è come se nella cultura orientale la vita procedesse di pari passo con la fantasia.
Ecco perché il consiglio che mi sento di dare a chi si cimenta per la prima volta con questo genere di romanzi è quello di mettere da parte le sovrastrutture della cultura occidentale e lasciarsi trascinare in un mondo irreale e fantastico dove tutto può succedere.
E seppure sia impensabile credere che esista un bar delle seconde possibilità, è comunque affascinante credere che il tempo di un caffè può essere sufficiente per cambiare un’intera esistenza.
Toshikazu Kawaguchi
Finché il caffè è caldo
Garzanti, 2020