Trina è nata e cresciuta nel paese di Curon, in Sudtirolo, ma l’avvento del fascismo le impedisce di realizzare il suo sogno: diventare una maestra. Le nuove direttive e lo scoppio della guerra le portano via l’amica del cuore prima e la figlia poi, e costringe lei e suo marito a vivere nella clandestinità. A guerra finita, quando si spera che la vita riprenda normalmente, arriva però il colpo di grazia.
Dopo essersi distinto al Premio Strega, Resto qui di Marco Balzano è il vincitore del Premio Bagutta 2019, un romanzo che racconta la nascita del lago di Resia.
La storia personale di Trina si mescola alle ingiustizie perpetrate dal regime fascista e agli orrori della guerra. In un paese di confine, dove la popolazione si sente più tedesca che italiana, Mussolini è la minaccia e Hitler la speranza di giustizia. Il suo dolore lo sfoga sulle pagine di lunghe lettere indirizzate alla figlia scomparsa (o meglio scappata con gli zii paterni), lettere che non spedirà mai. Attraverso esse, veniamo a conoscenza dell’ascesa del fascismo, dell’entrata in guerra, dei mesi trascorsi a nascondersi sulle montagne, del dopoguerra. E su tutto questo periodo – un periodo lungo 30 anni – incombe la minaccia della costruzione di una diga.
Il romanzo è l’apogeo della disillusione: che Hitler sia il male minore; che la guerra non supererà le Alpi; che il dopoguerra riporterà prosperità al paese; ma soprattutto che la diga non si farà. Non svelo un mistero se dico che la diga si è fatta, con grande spreco di soldi ed energie e senza apportare grandi benefici; viceversa è stata la rovina di una popolazione – per quanto numericamente irrilevante se paragonata al popolo italiano – lasciando solo un mausoleo di ciò che è stata Curon.
Nel giro di pochi anni il campanile che svetta sull’acqua morta è diventato un’attrazione turistica. I villeggianti ci passano all’inizio stupiti e dopo poco distratti. Si scattano le foto con il campanile della chiesa alle spalle e fanno tutti lo stesso sorriso deficiente. Come se sotto l’acqua non ci fossero le radici dei vecchi larici, le fondamenta delle nostre case, la piazza dove ci radunavamo. Come se la storia non fosse esistita.
Bene, grazie a Marco Balzano la storia di Curon resterà indelebile.
Come già ne L’ultimo arrivato, anche in Resto qui si può godere di una scrittura asciutta, senza fronzoli, direi quasi essenziale. I sentimenti non sono strillati, ma vissuti con moderazione e in silenzio. Eppure, anche attraverso quel silenzio, arrivano forti e chiari a noi che leggiamo. Dote, questa, propria solo dei grandi scrittori.