Nonostante si debba ancora rimettere del tutto dopo il caso della ninfa dormiente, il commissario Battaglia viene convocata in commissariato perché uno spietato serial killer vuole parlare con lei e con lei sola. Giacomo Mainardi, in carcere da ventisette anni, è riuscito a fuggire per compiere un altro omicidio, salvo poi farsi catturare senza opporre resistenza.
Figli della cenere è l’ultimo capitolo che Ilaria Tuti dedica alla saga di Teresa Battaglia e, rispetto a Fiori sopra l’inferno e Ninfa dormiente, è quello in cui la protagonista emerge in tutta la sua fragilità.
Devo ammettere che non sono partita con le migliori intenzioni con questo libro, un po’ perché Ninfa dormiente non mi aveva convinto e un po’ perché in un thriller mi aspetto di essere incatenata fin dalla prima pagina. In più l’autrice ha l’abitudine di descrivere in modo minuzioso tutto, dall’ambientazione alle situazioni meno importanti, e questo alla lunga mi annoia e mi fa perdere il filo.
Come se non bastasse, iniziando questo libro ho trovato tanta, ma tanta fatica a concentrarmi. Mi sono accorta di essere più coinvolta dalla vicenda personale di Teresa che dall’evolversi delle ricerche sul caso dell’omicidio, salvo poi rendermi conto che le due vicende proseguono di pari passo con intrecci imprevisti.
Questa volta la squadra di Teresa è alle prese con un serial killer fuggito di prigione per portare a termine un omicidio che riprende pari pari il modus operandi di ventisette anni prima, quando era stato arrestato grazie all’intuito di Teresa stessa. Non ci si mette molto a capire che c’è un legame tra l’assassino e la commissaria, una confidenza e una fiducia reciproca che ha origini antiche e ripercussioni nel presente.
Il passato di Teresa era una tomba e non doveva essere aperta.
Finalmente in questo volume scopriamo tutti i retroscena, ossia cosa ha portato la nostra protagonista ad essere così guardinga, così schiva. Nel suo passato ci sono una storia d’amore dai risvolti raccapriccianti e un incessante tentativo di schivare gli atteggiamenti intimidatori del capo e di farsi accettare dai suoi colleghi per quello che è, una donna. Una donna che per giunta ha intuito da vendere e una sensibilità spiccata. Una donna che sa entrare nella mente perversa di un serial killer e anticipare le sue mosse.
Sempre più malata, Teresa dovrà prendere atto della gravità della sua demenza senile che rischia di mettere in pericolo se stessa ma soprattutto i componenti della sua squadra, che non sono solo colleghi di lavoro ma sono diventati amici fidati. Ecco perché arriva alla decisione definitiva: consegnare il distintivo e mettere al corrente della situazione chi le vuole bene.
Non aveva immaginato che il peso della maschera e dei sotterfugi fosse così intollerabile, fino a quando non se ne era liberata.
Aveva lasciato il lavoro e questo non l’aveva uccisa. Chi l’avrebbe detto?
Chi poteva dire che il futuro sarebbe stato solo disperazione? Forse, dimenticare era un ingrediente della felicità e quello era un viaggio al termine della notte.
I capitoli “Oggi” e “Ventisette anni prima” si alternano sbrogliando i nodi di quel passato straziante che Teresa deve nuovamente affrontare, riaprendo ferite che credeva già rimarginate. Ma non è sola.
Nel momento del bisogno sono tutti lì: l’ispettore Massimo Marini, gli agenti De Carli e Parisi, il medico legale Antonio Parri, Blanca con il fedele cane Smoky, tutti intorno a lei per aiutarla ad accettare la nuova vita che l’aspetta.
Si chiude qui la saga di Teresa Battaglia, un personaggio nuovo, un commissario donna forte e determinata ma allo stesso tempo fragile e bisognosa d’affetto.