Nella Parigi di metà Ottocento vive Marguerite Gautier, una delle cortigiane più famose e corteggiate che si divide tra feste e serate all’opera. La sua vita cambia quando si innamora perdutamente del giovane Armand, ma il tentativo di redimersi per dedicarsi a questo nuovo sentimento dovrà fare i conti con la realtà.
Devo molto a La signora delle camelie perché è con questo libro che è avvenuto il primissimo incontro con i classici dell’Ottocento e rileggerlo dopo tanto tempo ne ha rinnovato il mio amore incondizionato. Poi sono arrivati Anna Karenina, La lettera scarlatta, Madame Bovary, Cime tempestose e tanti altri, ma per un periodo, ho creduto che non ci potesse essere libro più bello e commovente né personaggio più triste. Avevo 13 o 14 anni allora e La signora delle camelie era il termine di paragone con cui valutavo ogni altro romanzo. Questa è stata la mia formazione letteraria negli anni dell’adolescenza, e con un inizio così è difficile non amare la lettura!
E questo spiega il mio accanimento verso certi romanzi adolescenziali d’oggi in cui lucchetti a forma di cuore sigillano l’amore dei protagonisti, o dove teppistelli arrabbiati col mondo vengono salvati dalla ragazzetta acqua e sapone di turno. Storie tutte uguali che non reggono il confronto con i grandi classici della letteratura.
Ma sto tergiversando. Alexandre Dumas (figlio) racconta una delle storie d’amore più belle di sempre, e ogni pagina è intrisa di quel sentimento che muove il mondo e sconvolge i cuori più puri. La signora delle camelie è denso di passione, di malinconia, di amore puro e incondizionato. Ma non parla di questo sentimento in modo sdolcinato e fintamente affettato, bensì indaga tutte le sfaccettature della passione amorosa: i tormenti iniziali di un cuore innamorato, la gelosia e la possessività, l’appagamento, la devozione totale verso la persona amata e i progetti per il futuro insieme. Ma anche quell’istinto crudele che spinge a ferire chi ti ha ferito per poi soffrire a tua volta del dolore inflitto.
Per Marguerite e Armand l’amore non è una cosa semplice, perché a volte è la vita stessa che si scontra a brutto muso con la realtà e bisogna fare i conti coi pregiudizi, con le convenzioni sociali, con gli obblighi familiari, ma soprattutto con i morsi della propria coscienza.
Voi credete che basti amarsi e trascorrere in campagna un’esistenza pastorale e poetica? No, amico mio, no. Accanto alla vita ideale c’è la vita materiale, e le aspirazioni più pure sono trattenute a terra da fili apparentemente irrisori, ma in realtà ferrei, che non si spezzano facilmente.
L’epilogo è dei più struggenti ed è impossibile rimanere indifferenti di fronte alla tragica fine della protagonista, che ha scelto di compiere il più grande sacrificio e con esso ha riscattato tutti i peccati commessi nel corso di una vita dissoluta. Cosa si è disposti a fare per amore? Come Marguerite – alias Violetta de La traviata di Giuseppe Verdi – poche altre eroine della letteratura sanno toccare il cuore in modo così totale, lei che ha venduto il suo corpo a molti uomini ma ha donato il suo cuore ad uno solo.