Fredrik Welin è un ultrasessantenne che vive su un’isoletta dell’arcipelago di Stoccolma con la sola compagnia di un cane e di un gatto. Eremita in un mondo fatto di neve e ghiaccio, è assalito dai fantasmi del passato: un amore tradito e abbandonato e un errore commesso quando esercitava ancora la professione di chirurgo. Finché un giorno all’orizzonte compare una donna, Harriet, che lo costringe a mantenere un’antica promessa.
Mai sentito parlare di Henning Mankell? A dire il vero fino a qualche giorno fa non lo conoscevo, poi ho scoperto che è noto soprattutto per una vasta produzione di thriller. Scarpe italiane è invece un romanzo introspettivo, tutto incentrato sulle scelte fatte che cambiano inesorabilmente e per sempre il corso di una vita.
E i personaggi di questo romanzo sono tutti, in un modo o nell’altro, vittime di un errore commesso e, per questo, chiusi nelle rispettive solitudini.
Già nell’incipit e via via nelle prime pagine, si avverte un’atmosfera di tristezza e di malinconia, e aleggia un senso d’angoscia che attanaglia e stringe un nodo in gola.
Sempre, quando fa freddo, mi sento più solo.
Il freddo fuori dalla finestra mi ricorda il freddo del mio stesso corpo. Sono attaccato da due direzioni. Ma resisto, contro il gelo e contro la solitudine.
Poi però, nella parte centrale, in cui la vicenda si fa più avventurosa, il registro cambia bruscamente: lì dove dovrebbe esserci un ritmo più serrato e avvincente, la narrazione si fa piatta e noiosa… oltre che paradossale e senza un briciolo di realismo. Un lupo solitario come Fredrik lascia per qualche giorno la sua isola e si imbatte nel fior fiore dei casi umani, e nelle loro storie drammatiche. E ci credo che appena può sgattaiola e se ne torna sulla sua isola deserta… Se non fosse che ormai anche lì lo perseguitino le catastrofi.
Insomma, non ho trovato questo libro particolarmente convincente, tanto più che è intriso fino al midollo di negatività e pessimismo, ma anche di un falso buonismo davvero poco credibile!
Mi sembra che Mankell riesca meglio nel delineare la parte introspettiva dei personaggi, piuttosto che nel raccontarne le vicende – e a questo punto mi chiedo come possa essere considerato un giallista di successo.
La cosa che invece mi sento di premiare di questo libro – motivo per cui non ho dato il punteggio più basso – è l’abilità narrativa di rendere con precisione l’ambiente circostante. Non è il primo libro con ambientazione svedese che leggo, ma è il primo che è riuscito a trasmettermi la curiosità di visitare quelle distese innevate, i laghi ghiacciati, la foresta silenziosa, ma soprattutto le languide atmosfere delle isolette al largo di Stoccolma.