Appena scesi dagli alberi, gli uomini primitivi (ancora dall’aspetto scimmiesco ma con fattezze più simili a quelle dell’uomo di oggi) iniziano un percorso fatto di progressi, scoperte e mutamenti che li porteranno a uscire dal Pleistocene per entrare in una fase più “moderna” della preistoria. Edward e la sua famiglia sono i portatori di questo desiderio di rinnovamento.
Il più grande uomo scimmia del Pleistocene è un romanzo ironico e divertente uscito negli anni ’60, ma attuale più che mai perché tra tante risate non manca di regalare spunti di riflessione davvero arguti.
Con una vena umoristica mai vista prima, Roy Lewis reinterpreta l’evoluzione dell’uomo e tutte le scoperte che gli hanno cambiato la vita. Con quale acume porta il lettore a rivivere la scoperta del fuoco, della cottura dei cibi, delle arti figurative, dell’amore e del matrimonio, della musica e della danza. Le pagine sul corteggiamento poi sono da morir dal ridere – dopo una botta in testa, quale donna non cascherebbe ai tuoi piedi!
Ironica ma realistica oltre ogni aspettativa è la caratterizzazione dei personaggi, così antiquati ma nello stesso tempo non molto diversi da quelli che siamo oggi.
Le donne si erano affiatate abbastanza: sempre alla loro maniera un po’ da scimmie, cioè strillando, litigando, complimentandosi e spettegolando nel loro linguaggio femminile – quel gergo specialistico in cui una parola su due è fra virgolette.
Esilarante anche la figura dello zio Vania, conservatore e retrogrado fino all’inverosimile, che si oppone tenacemente alla rivoluzione che suo fratello sta portando avanti considerandola “contro natura”.
Nella Presentazione del libro, lo scrittore umorista Terry Pratchett lo ha definito “uno dei più divertenti degli ultimi cinquecentomila anni”. La mia memoria non va così in là ma confermo che questo librettino mi ha convinto sotto tutti i punti di vista. Brillante e spiritoso, per non dire geniale, merita di essere letto.