Trixie Stone è una quattordicenne come tante, a cui si spezza il cuore quando Jason, il suo fidanzatino, la lascia. Una sera però, di ritorno da una festa, confessa al padre di essere stata violentata e che il suo aggressore è proprio Jason. Da qui, per tutta la famiglia Stone, si apre una voragine di sofferenza e rabbia, dal risvolto inaspettato…
Saresti in grado di individuare con esattezza il momento in cui la tua vita ha cominciato ad andare in pezzi?
Ne Il colore della neve Jodi Picoult dimostra ancora una volta di avere una spiccata propensione per i casi drammatici della vita. Malattie, traumi pregressi dell’infanzia, eventi traumatici. E lo fa senza calcare troppo la mano – non serve quando la materia è così pregna di sofferenza da suscitare un dolore fisico a chi sta al di qua della pagina. Non si resta indifferenti leggendo i suoi libri.
Ne Il colore della neve c’è la storia di una ragazza incompresa e messa alla gogna da tutti, amici compresi. C’è la storia di due genitori che si tormentano per capire se e dove abbiano sbagliato. C’è la storia di un matrimonio alla deriva, tra i cui frammenti galleggia una figlia senza più punti di riferimento e pronta a tutto pur di voltare pagina.
Alcune persone finiscono in un buco così profondo da non riuscire a trovare un appiglio.
Superata la metà del romanzo però la storia prende una piega più avvincente. Le indagini si fanno più serrate, e il detective incaricato di far luce sulla vicenda non lascia nessuna pista imbattuta. Diventa una vera e propria caccia all’uomo degna dei migliori (e dei peggiori) gialli. Non solo, ma iniziano ad affiorare bugie e segreti tenuti nascosti per proteggere se stessi e le persone che si amano. È come se ad un certo punto la Picoult abbia voluto dare una sferzata di novità al suo modus operandi, dando al libro un taglio più simile a un romanzo d’avventura. E, non a caso, i capitoli sono scanditi dalle illustrazioni a fumetti del supereroe uscito dalla penna di Daniel, il padre della vittima.
Ma la domanda è: riesce nel suo intento? La mia opinione è che si avverte subito che questo cambio di registro non è pienamente nelle corde della scrittrice statunitense. È come se maneggiasse a stento la materia: il rilevamento delle prove, l’analisi del DNA, l’andamento delle indagini sono trattate senza convinzione, più per sentito dire che per una reale conoscenza della materia.
E c’è di più. A non convincermi del tutto è anche la tendenza della Picoult a uscire dalla strada principale, finendo in una serie di vicoli ciechi. Ma in una vicenda già ampiamente drammatica, era poi così indispensabile buttare lì, di tanto in tanto, l’esperienza tragica dei personaggi secondari?
La mia personale impressione è che, quando cerca di “colorire” la vicenda con episodi di importanza minore, l’autrice finisce per aggiungere troppa carne al fuoco, rischiando di creare un mix deprimente e pesante di casi umani.
Questo libro, in fin dei conti, è una lettura piacevole (anche se non leggerissima) ma che lascia qualche perplessità: niente a che vedere con La bambina di vetro, che per me resta in assoluto il suo cavallo di battaglia.