Giò, partita per gli Stati Uniti per scrivere la sceneggiatura di un film, incontra Richard, l’uomo che amava da bambina e che credeva morto. Tra l’entusiasmo di essere nella Terra Promessa e la passione amorosa che la divora, è cieca di fronte ad alcuni segnali inequivocabili che non le renderanno così spensierato il soggiorno nella Grande Mela.
Penelope alla guerra è il primo romanzo puramente narrativo della Fallaci e non è facile leggerlo e giudicarlo senza tener presente quel nome ingombrante che campeggia sulla copertina. Forse il peggior nemico di questo romanzo – poco impegnativo sì, leggero a suo modo, ma per nulla banale – è proprio il peso che la sua autrice ha sempre dimostrato di avere. Una donna, una scrittrice da cui ci si aspetta sempre che ogni opera, ogni testo sia un capolavoro di stile, di contenuti, l’ennesima guerra al sistema. Invece questo libro può – a torto – essere considerato puramente un romanzetto rosa. Per chi invece conosce la scrittura della Fallaci, il suo pensiero e la sua vita, non sarà difficile trovare in queste pagine la stessa vena critica e la stessa caparbietà che la contraddistinguono, lo stesso bisogno di dire quello che pensa senza peli sulla lingua, senza filtri.
Se qualcuno in Penelope alla guerra vuol vedere solo la banale storia di un triangolo amoroso, faccia pure. Ma tra le righe è possibile leggere per l’ennesima volta una condanna contro la guerra, contro l’Italia bigotta che non accetta il divorzio, contro una società che nasconde gli scheletri negli armadi per non provocare scandali. Ma soprattutto Giò, la Penelope della Fallaci, è una donna con il nome da maschio, che non se ne sta con le mani in mano limitandosi ad essere l’ombra dietro al suo uomo, ma è una guerriera che scende in campo e fa vedere quel che vale, che è padrona del suo destino e si assume le responsabilità delle sue azioni.
Una donna deve essere tale in umiltà e devozione. Ma chi è l’imbecille che per primo fece questo discorso? Abbiamo due braccia e due gambe ed un naso e un cervello: come gli uomini. Ma loro possono far ciò che vogliono appena nati e noi fino a sessant’anni ci sentiamo ripetere che la verginità è il capitale più prezioso che una donna possa portare ad un uomo.
E dietro a quella Penelope si nasconde più che mai Oriana stessa, in una veste più umana forse, ma sempre in guerra… anche quando è l’amore il nemico da cui difendersi per non soccombere.
Non si regala l’anima a chi non è disposto a regalare la sua. Chi non fa regali, non apprezza i regali. Tu cerchi Iddio in terra, e sei disposta a qualsiasi menzogna pur di inventarlo. Ma Iddio non si inventa e neppure l’amore. L’amore è un dialogo, non un monologo.