Meredith è la prima donna ad essere nominata rettore di un’importante università, ma le difficili situazioni a cui deve far fronte le risvegliano sensazioni e paure del suo passato che hanno radici ben impiantante nella sua psiche.
Ho iniziato La donna del fango con le migliori intenzioni e aspettative altissime, avendo sentito grandi cose di tutta la bibliografia di Joyce Carol Oates, ma già dalle prime pagine ho capito che qualcosa non funzionava. Le tematiche trattate sono quelle “calde” della società d’oggi, quali l’emarginazione, la difficoltà di integrarsi, la violenza, la stabilità mentale, la solitudine, ma non basta affidarsi a questi temi importanti per accaparrarsi la fiducia e la comprensione del lettore. In primis, perché c’è davvero troppa materia in ballo, troppi drammi tutti insieme – un accanimento nella vita della protagonista che alla fine risulta surreale. Se l’intento era quello di provocare l’empatia di chi sta al di là della pagina, ho l’impressione che manchi disastrosamente l’obiettivo: vengono le vertigini a star dietro a questo scenario apocalittico, perciò batti in ritirata, ti chiudi nel tuo guscio e aspetti pazientemente che la tragedia arrivi alla conclusione.
La morte per (puro) caso. Di certo la più misericordiosa!
La morte per mano di qualcuno: la più crudele.
La morte per mano di qualcuno che conosci, che ti è intimo come un battito del cuore: la più crudele di tutte.
Anche lo stile non mi ha convinta: tende ad essere eccessivamente artefatto e in troppi punti la Oates si dilunga su dettagli che poi alla fin fine non sono rilevanti nelle vicende narrate. Sono davvero tante le digressioni e, se da un punto di vista aiutano ad inquadrare la psicologia della protagonista, dall’altro spezzano il filone narrativo e rallentano il ritmo.
Il romanzo è parecchio contorto e spesso si ha difficoltà nel distinguere i fatti realmente accaduto da quelli inventati da una mente instabile.
E poi il finale… non c’è! Non ho proprio capito dove l’autrice volesse andare a parare!
Insomma, il mio giudizio non può che essere negativo e la prima impressione non è delle migliori, ma un’altra possibilità non si nega a nessuno. Dunque, Joyce Carol Oates, alla prossima!