Dieci ragazzini in scooter sfrecciano contromano alla conquista di Napoli. Quindicenni dai soprannomi innocui – Maraja, Pesce Moscio, Dentino, Lollipop, Drone –, scarpe firmate, famiglie normali e il nome delle ragazze tatuato sulla pelle. Adolescenti che non hanno domani e nemmeno ci credono. Non temono il carcere né la morte, perché sanno che l’unica possibilità è giocarsi tutto, subito. Sanno che “i soldi li ha chi se li prende”. E allora, via, sui motorini, per andare a prenderseli, i soldi, ma soprattutto il potere. La paranza dei bambini narra la controversa ascesa di una paranza – un gruppo di fuoco legato alla Camorra – e del suo capo, il giovane Nicolas Fiorillo. Appollaiati sui tetti della città, imparano a sparare con pistole semiautomatiche e AK-47 mirando alle parabole e alle antenne, poi scendono per le strade a seminare il terrore in sella ai loro scooter. A poco a poco ottengono il controllo dei quartieri, sottraendoli alle paranze avversarie, stringendo alleanze con vecchi boss in declino. Paranza è nome che viene dal mare, nome di barche che vanno a caccia di pesci da ingannare con la luce. E come nella pesca a strascico la paranza va a pescare persone da ammazzare. Qui si racconta di ragazzini guizzanti di vita come pesci, di adolescenze “ingannate dalla luce”, e di morti che producono morti.
Vattere non vuol dire solamente picchiare. Vattere è lasciare un segno sulla pelle di qualcuno a cui vogliamo bene e a cui siamo legati. Allo stadio ci si prende a mazzate. In certi rioni, invece, ci sono madri che vattono. Vattono perché vorrebbero scacciare con le mani e con le unghie i brutti pensieri che corrono nelle teste di certi figli.
Certi figli che la scuola è una perdita di tempo. Certi figli che giocano alla playstation e poi si mettono le revolver dentro i pantaloni cariche ’e botte. Certi figli che meglio ammazzare prima di morire ammazzati. Certi figli che si mettono ancora il pigiama per andare a dormire ma tirano di coca. Certi figli che pensano che ’a fatica è pe’ i strunzi, mentre loro vogliono avere soldi e potere, cellulari e vestiti alla moda, sopracciglia ad ali di gabbiano e scooter guizzanti.
Ecco questi figli le madri li vattono perché sanno che la loro fine è tre metri sotto terra. Li vattono forte, senza che loro reagiscano, naturalmente.
C’è una forma di amore in questa violenza. Una violenza che però è già stata trasmessa dai palazzi scalcinati, fitti come una giungla, dove vince solo il più forte, finché non arriva uno più forte di lui. Una violenza che separa i fottitori dai fottuti. Una violenza che è già entrata in circolo, che è pompata dal crack e dalla musica sintetica, e che diventa l’unico codice per capire in poco tempo dove sta il giusto e dove sta il torto. Una violenza che è l’unica lingua che si parla quando si deve far rispettare la regola.
Perché una società in cui la regola non viene rispettata si corrompe e tende a marcire. Perché una società che non sa risolvere i conflitti si sfalda, si lacera e tradisce.
Il rispetto della regola è sopra ogni cosa. E quindi si scende a patti, a giuramenti fatti con il sangue.
‘O Maraja lo sa questo. ‘O Maraja è un fanatico del giuramento. ‘O Maraja è intransigente. E allora infligge punizioni senza pietà a tutti quelli che sgarrano, perché chi comanda deve incutere timore. Perché solo se è temuto sarà rispettato. Come alla sorella di Drone costretta a calpestare il suo onore per salvare la vita al fratello. Come all’amico fraterno di Dentino. Come al tabaccaio. Al commerciante. Al vicino di casa.
Ci vuole tanta violenza anche nelle parole. Devi stare come un cesso. Ti scasso la capa. Adda murì fratemo. Perché ci vuole un linguaggio che richiami al sangue, all’esecuzione, alla sottomissione, al cazzo. Perché anche da come si parla si deve capire chi comanda.
E così un gruppo di giovani ragazzi prova a scalare le gerarchie con l’obiettivo di diventare padroni del loro territorio. Perché la gente abbassi lo sguardo quando passano, in segno di rispetto. Perché la gente abbassi lo sguardo quando passano, in segno di paura. Loro che sono muccusielli e pisciatielli ma hanno già capito come gira il mondo.