Stephen Lewis, scrittore di libri per bambini, è felicemente sposato con Julie con cui ha una figlia, Kate, di tre anni. Una mattina, mentre padre e figlia sono in fila alla cassa di un supermercato, Kate scompare e di lei non se ne saprà più nulla. La solitudine costringerà Stephen a guardarsi indietro e a rivedere alcune scene del passato – il suo ma anche quello dei suoi genitori – così da poter ricostruire un futuro sereno.
Bambini nel tempo è il romanzo di Ian McEwan in cui emerge fortissimo il senso del tempo perduto, del tempo che non tornerà e che puoi solo rivivere nella mente tanto da farne un’ossessione.
Stephen ha una vita perfetta: ha scritto una serie di libri per bambini che riscuote molto successo, ha una moglie che ama e da cui è riamato, ha una splendida figlia Kate.
Eppure, la vita ci mette un attimo a sparigliare le carte e costringerti a ricominciare tutto da capo. È una mattina come tante altre e padre e figlia se ne vanno a fare la spesa, ignari che la stretta delle loro mani sarà l’ultima. Kate sparisce nel nulla. Nessuno l’ha vista, nessuno si è accorto di niente.
Da quel giorno non c’è più allegria, non c’è più futuro e non c’è più il caldo abbraccio di qualcuno che aspetta che torni a casa. Non ci sono più risate che illuminano la casa. Ci sono solo tristezza e solitudine, nuove abitudini e una ricerca spasmodica di ritrovare sua figlia.
Nel suo procedere a saltelli e zig-zag, Stephen era sempre attento, anche se in modo quasi inconsapevole, a registrare la presenza di bambine, o meglio di una bambina sui cinque anni. Era qualcosa di più di un’abitudine, perché le abitudini si possono anche interrompere. Questa era una disposizione radicata, l’impronta indelebile che l’esperienza aveva lasciato su un’indole. Non si trattava neppure più di una vera e propria ricerca, sebbene un tempo avesse assunto le caratteristiche di una caccia ossessiva; ormai era come una voglia, una fame molesta.
Il romanzo parte da questo fatto terribile della scomparsa di una figlia, ma poi prende vie completamente a sé stanti, tortuose, andando a ripescare episodi passati del protagonista. In particolar modo vengono messi sotto i riflettori i rapporti più stretti: non solo la storia con Julie, ma anche il rapporto con e tra i suoi genitori e la sua amicizia con Charles e Thelma.
Che dire? Quando si torna al tema centrale, al tema della figlia scomparsa quindi, l’emozione mozza il fiato – indimenticabile la scena di Stephen circondato da pacchetti regalo che canta “Tanti auguri” in un walkie-talkie.
Viceversa, altre parti del romanzo non le ho trovate così indispensabili, forse poco convincenti e comunque lente. Un esempio su tutti: gli incontri della commissione. È evidente la critica politica sottesa (che diventa palese solo alla fine), ma poteva comunque essere più conciso nel descrive i singoli episodi.
Rispetto ai precedenti La ballata di Adam Henry e Nel guscio o del più recente Macchine come me mi sembra che Bambini nel tempo sia di carattere più intimistico e riflessivo, anche più malinconico… eppure è quello che mi è piaciuto meno!