Violette Toussaint è la guardiana di un cimitero ma, lungi dall’essere una persona tetra, nonostante il lavoro che fa e le disgrazie che ha dovuto sopportare, nasconde una vena ottimistica. La sua storia personale si incrocia direttamente o indirettamente con quella di altre persone che, come lei, devono rifarsi una vita.
Seguendo il consiglio di tanti lettori, ho acquistato Cambiare l’acqua ai fiori di Valérie Perrin e non mi stupirei se diventasse il nuovo caso editoriale reso famoso dal passaparola.
L’autrice francese fa un lavoro sopraffino con la costruzione psicologica dei personaggi: infatti, sono tutti magnificamente delineati e alla fin fine è evidente come ciascuno di loro abbia il suo lato oscuro, nasconda una debolezza, un segreto, un desiderio inconfessato. Nel loro passato è riconoscibile un momento cruciale della vita, il punto di svolta in cui si prende una strada nuova o si resta su quella battuta. Ed è a quel momento che tornano con la mente, con il rimpianto di non aver avuto il coraggio o la forza per scegliere la felicità.
Ecco perché anche chi a prima vista appare come un personaggio negativo alla fine risulta meno peggio di quanto sembri (o, perlomeno, merita la sua piccola dose di compassione).
Che sia per la perdita di una figlia, dell’amore della vita, del sogno di una famiglia felice, tutti i personaggi vivono un’esistenza segnata dalla nostalgia, dal dolore incommensurabile che li rende spenti, sbiaditi.
E quale posto migliore per far incontrare queste anime in pena se non nel luogo più deprimente che ci sia, un cimitero? Ma questo è un cliché.
Nella casa del custode c’è vita, ci sono amici che si incontrano a bere tè e a chiacchierare, ci sono amori che sbocciano, ci sono avventori che sfogano il dolore della loro perdita. Ed è tra quelle quattro mura circondate da croci e desolazione che alcuni cuori disperati riprendono a battere. Per amore. Per amicizia. Per semplice spirito di sopravvivenza. Quelle quattro mura riparano le ferite dell’anima.
Vedi Violette, io e te abbiamo avuto entrambi la nostra dose di disgrazie, eppure siamo qui. Noi due insieme facciamo tutti i romanzi di Victor Hugo riuniti, un’antologia di grandi sventure, piccole felicità e speranze.
Il romanzo è scandito da due piani temporali distinti, il presente e il passato, e su questi due filoni si srotolano le vite della protagonista Violette e degli altri personaggi minori, attraverso un racconto diretto, un diario, una corrispondenza o semplici flashback che restituiscono a noi lettori il quadro completo delle loro vicende personali.
Alla fine quello che emerge è un messaggio di speranza e, se una morale c’è, è quella di non lasciarsi travolgere dal dolore ma farsi emozionare dalle piccole cose, fino a quando non si tornerà ad amare la vita. Ecco, un messaggio così, apparentemente semplicistico, viene lanciato dalla Perrin senza tanti fronzoli, senza toni smielati, senza falsi sentimentalismi.