Non si muovono certo in un mondo di illusioni Lee e Dwight, poliziotti, pugili, amici. Eppure il pericolo più grave per loro non arriva dalla folla di relitti umani e delinquenti che li circondano, né dalla violenza e dalla corruzione di Los Angeles, né da Kay, la donna di cui entrambi sono innamorati. È un orrido delitto a sconvolgere per sempre la loro vita: il massacro di Elizabeth Short, la ‘Dalia Nera’, ragazza leggera, allegra, imprudente, prostituta a tempo perso. Una delle tante vittime consenzienti dello show business e soprattutto di sé stessa. E quando Lee scompare misteriosamente, per Dwight le indagini si trasformano in una tremenda ossessione.
Dalia nera è un romanzo noir bellissimo, ambientato nella Los Angeles anni ’40, all’ombra della collina su cui troneggerà la scritta ‘Hollywood’, meta e sogno di tante ragazze, con o senza talento, ma tutte attratte dal denaro e dal successo.
La storia, tratta da un vero caso di cronaca nera, è il racconto di un delitto atroce che riguarda proprio una di queste ragazze, Elizabeth Short, trucidata e fatta a pezzi in modo atroce.
Non l’ho mai conosciuta da viva. Lei, per me, esiste solo attraverso gli altri, nell’evidenza delle loro reazioni alla sua morte. Scavando a ritroso e attenendomi ai fatti posso dire che era una ragazza triste e una puttana. Nella migliore delle ipotesi era una fallita, un’etichetta che, del resto, potrei applicare a me stesso.
Due investigatori, tra i tanti mobilitati, si occuperanno del caso, ma uno dei due – il protagonista del libro – se ne sentirà coinvolto fino all’ossessione.
In realtà, l’ossessione è quella dello stesso scrittore Ellroy che, in questo delitto, proietta e cerca di esorcizzare il suo stesso dolore per l’uccisione – rimasta misteriosa – di sua madre avvenuta una decina di anni dopo quella da lui raccontata nel romanzo. Ed è lui stesso a spiegarlo nella dedica a inizio libro:
Madre:
ventinove anni dopo,
queste pagine d’addio
in lettere di sangue.
Una lettura terribile e straziante.