La famiglia Frank, ebrei benestanti residenti ad Amsterdam, si rifugiano in un Alloggio segreto per sfuggire alla follia nazista e lì restano per più di due anni. Con loro ci sono il signore e la signora Van Daan, il figlio Peter e il signor Dussel. Questa è la storia della loro vita in clandestinità!
Dopo aver letto Se questo è un uomo non è facile tornare alla propria vita con nonchalance. Ecco perché, con quel malessere ancora addosso, ho deciso di rileggere anche il Diario di Anne Frank.
Il libro non ha nulla della brutalità palesata da altri libri sull’Olocausto (in primis, quello di Primo Levi): si legge come un qualsiasi diario di una tredicenne – per quanto più matura della media e con un talento smaccato per la scrittura. Perciò è probabile che alcuni passaggi risultino molto interessanti, altri meno. I temi trattati sono tanti, dal rapporto con i genitori a quello con la sorella, l’amicizia, la scuola, la scoperta dell’amore. E ovviamente la guerra e la situazione degli ebrei. Così, magari proprio dopo una confessione adolescenziale, il lettore sbatte a brutto muso con la realtà:
Se già in Olanda è così grave, come vivranno nelle terre barbariche e lontane dove vengono mandati? Supponiamo che per lo più vengano assassinati. La radio inglese parla di camere a gas, forse è la morte più rapida.
Oppure:
Chi ci ha imposto questo? Chi ha fatto sì che noi ebrei fossimo un’eccezione tra tutti i popoli? Chi ci ha costretti a soffrire tanto? È stato Dio a farci così, ma sarà anche lui a risollevarci. Se sopporteremo tutto questo, e alla fine ci saranno ancora ebrei, un domani gli ebrei non saranno più proscritti ma daranno il buon esempio.
Eppure, anche quando il tema trattato è leggero o quando scappa un sorriso per qualche affermazione bambinesca, il lettore non ha mai l’animo spensierato; su di lui incombe sempre quella spada di Damocle pronta a calare, la consapevolezza che tante aspettative per il futuro verranno disattese, che il destino aspetta al varco questa dolce e arguta tredicenne chiacchierona.
Continuo a chiedermi se non sarebbe stato meglio per tutti che non ci fossimo nascosti, e adesso fossimo morti senza dover soffrire tanto e soprattutto per salvaguardare gli altri. Ma anche questo ci spaventa tutti, amiamo ancora la vita, non ci siamo ancora dimenticati della voce della natura, speriamo ancora, speriamo per tutto.
Queste pagine trasudano di voglia di vivere, di forza interiore, di speranza e di fede in Dio e negli uomini. La giovane Anne sogna un futuro, un marito, dei figli e diventare una giornalista per “continuare a vivere anche dopo la morte”. I sogni non li realizzerà mai – morirà di tifo ad Auschwitz nel 1945 – ma questo suo diario continua a parlare di lei e la consacra a tutti gli effetti come scrittrice arguta e talentuosa.