Nel tranquillo paesino di Travenì all’improvviso accadono eventi sanguinosi: il ritrovamento di un cadavere, di corpi scarnificati, di animali morti lasciati sull’uscio di casa e il rapimento di un neonato. A occuparsi del caso viene incaricata Teresa Battaglia, un commissario specializzato in profiling.
Con Fiori sopra l’inferno Ilaria Tuti approda nel mondo del thriller made in Italy dando vita a un personaggio che non ha nulla della bella e aitante eroina, un personaggio che tuttavia conquista per la sua umanità: ha un punto debole e fa di tutto affinché i suoi colleghi non lo scoprano.
Il commissario Teresa Battaglia è una donna intuitiva, forte, che non si arrende al cedimento del suo corpo non più giovanissimo, e che solo di tanto in tanto lascia trasparire il suo lato più sensibile davanti ai suoi uomini. Il suo spiccato intuito la porta a leggere nella mente dell’assassino, a scovare il marcio che si annida in lui e che lo rende un mostro.
«Qualcuno prima o poi dovrà spiegarmi che cos’è un mostro» disse. «Li chiamiamo così, ma intanto restiamo a guardare, non riusciamo a cambiare canale perché sappiamo che sono come noi: umani. È questo che ci cattura, il riconoscere una parte di loro in noi.»
Ilaria Tuti dimostra una spiccata propensione per le descrizioni ambientali che calano il lettore in un’atmosfera affascinante ma allo stesso tempo inquietante. Paesaggi innevati e macchia alpina si tingono del sangue delle vittime ritrovate nella boscaglia.
Se in Ninfa dormiente avevo trovato la vena descrittiva eccessiva e stucchevole tanto da compromettere il ritmo della narrazione, in questo Fiori sopra l’inferno è ben calibrata e fa da cornice senza sovrastare il racconto.
Un thriller che tutto sommato non ha niente da invidiare ai più popolari romanzi d’Oltralpe e che per di più fa riferimento a una vicenda di maltrattamento neonatale realmente accaduta (e quella sì, da brivido!).