Jean Serjeant è solo una bambina quando si lascia affascinare dai racconti dello zio Leslie e del pilota Prosser e comincia a porsi domande a cui gli adulti non rispondono. Dopo un matrimonio deludente e la nascita del figlio Gregory, inizia a vivere la sua vita tenendosi alla larga dai rapporti impegnativi.
Guardando il sole è l’ultimo romanzo di Julian Barnes pubblicato da Einaudi che vede come protagonista una donna ordinaria inquadrata in tre fasi decisive della sua vita: durante l’adolescenza, con la sua passioncella per lo zio Leslie, in età adulta nel rapporto con il marito Michael e durante la vecchiaia al fianco di un figlio ormai sessantenne.
Jean è una donna semplice, anche un po’ ingenua se vogliamo, che non smette di cercare risposte alle domande infantili della sua adolescenza: esiste un museo del panino? Il paradiso è in cima al cammino? Come si fa a non far cadere la cenere da una sigaretta accesa? Di alcune di queste domande troverà, crescendo, le risposte; di altre no, ma questo non la priverà mai di quella necessità di continuare a farsi domande. E forse solo alla veneranda età dei cent’anni capirà veramente che il segreto sta nel lasciare irrisolti certi quesiti perché è da lì che quando meno te lo aspetti può nascere la magia. La stessa magia che appare guardando il sole e vedendo due albe a distanza di pochi minuti.
La storia di Jean non ha nulla di particolare, niente di memorabile, e avrei voluto che alcuni momenti della sua vita fossero analizzati meglio, come nel rapporto con il marito o nell’inusuale amicizia con Rachel, la fidanzata del figlio.
Ciò che si augurava non era più nello specifico la conquista della felicità, una sicurezza economica o la buona salute (per quanto tutte e tre sue ambizioni), ma qualcosa di più generico: una prolungata certezza delle cose. Le occorreva sapere che non avrebbe smesso di essere se stessa.
È un po’ come se Julian Barnes abbia privilegiato l’aspetto filosofico trascurando la caratterizzazione dei personaggi; come se il loro essere si risolvesse interamente nell’incessante desiderio di ottenere risposte. In questo libro mancano i sentimenti: l’innamoramento, la nascita di un figlio, il sesso, la passione per i viaggi non sono raccontati dall’autore al di fuori del loro avvenire; è come se non lasciassero uno strascico emotivo nella protagonista.
Se già in Il senso di una fine avevo notato l’attitudine dell’autore a uscire dai binari della linearità narrativa, in questo Guardando il sole la tematica filosofico-religiosa prende una strada che esula dalla vita stessa dei protagonisti e alla lunga questo parlare a vanvera mi ha francamente annoiato.
Un libro che può offrire senz’altro spunti di riflessione sul senso della vita, ma che in certi passaggi mi è sembrato un puro artificio letterario perché, se è indiscutibile l’abilità di scrivere dell’autore, è pur vero che in questo libro non va mai a fondo, resta nell’ambito superficiale delle supposizioni.
Julian Barnes
Guardando il sole
Einaudi, 2019