Henry e Keiko, cinese lui, giapponese lei, studiano in una scuola di bianchi e sono spesso sbeffeggiati dai compagni, cosa che li rende ogni giorno più uniti. Fino a quando la famiglia di Keiko viene espulsa da Seattle e rinchiusa in uno dei centri di internamento del Paese. Per i due adolescenti però il loro rapporto è più forte di ogni separazione, o almeno è quello che credono…
Ad essere raccontata ne Il gusto proibito dello zenzero è la storia di un’amicizia che sconfina nell’amore, l’amicizia tra due adolescenti le cui vite sono destinate a separarsi. Henry e Keiko vengono da due mondi diametralmente opposti, hanno origini molto diverse – lui è cinese, lei giapponese – e il loro rapporto è ostacolato non solo dalla famiglia di lui, ma anche e soprattutto dalla Storia. Ci troviamo nella Seattle degli anni Quaranta e i fatti di Pearl Harbour sono ancora freschissimi; così, mentre in Europa e in Asia imperversa la Seconda guerra mondiale, negli Stati Uniti i giapponesi, tutti, sono additati come nemici da combattere.
E Keiko è giapponese sì, ma americana da due generazioni, anche se questo non esime la sua famiglia dall’essere perseguitata e ghettizzata in un campo di internamento.
Dal canto suo, Henry viene caratterizzato come un ragazzino forte dei suoi valori e dei sentimenti per la sua amica-fidanzata. Un personaggio di una tenerezza infinita che non teme di mettersi nei guai e di andare contro al volere di un padre-padrone vecchio stampo.
Da quando in qua essere speciali significava portare addosso un fardello così pesante, tanto da sembrare una maledizione?
Al di là della storia tra i due protagonisti, a colpire in queste pagine è la ricostruzione dei fatti storici e dei comportamenti sospettosi e discriminanti indirizzati alla popolazione nipponica di Seattle. Per non parlare dell’ottima resa dell’atmosfera che si respira in città, tra ingiustizie etniche, bullismo e qualche esempio di solidarietà interculturale. E poi tanto jazz…
Jamie Ford ci racconta questa storia dal punto di vista di Henry, motivo per cui noi lettori non abbiamo modo di approfondire quali siano le condizioni di vita all’interno di uno di quei campi, ma tanto basta per aprire gli occhi su una realtà che – almeno per me – era del tutto sconosciuta.
Ogni paese ha la sua pagina nera di cui vergognarsi nei secoli e, mentre in Europa milioni di ebrei vengono deportati nei campi di concentramento, negli Stati Uniti si dà la caccia ai giapponesi, colpevoli solo di avere origini in comune con coloro che hanno affondato la flotta americana nella base navale delle Hawaii.
Di questo libro posso dire che si legge con vivo interesse anche se nella seconda parte il ritmo rallenta decisamente e il finale è un po’ scontato. Ma il difetto più grande è, a mio modesto giudizio, il titolo: uno di quelli che vanno tanto di moda oggigiorno – un po’ di zenzero qua, un po’ di profumi di là – ma che non hanno molta attinenza con la narrazione. Ad ogni modo, una buona prova letteraria!