A otto giorni dall’uccisione di Giulio Cesare, mentre vengono pianificati i dettagli dell’agguato, c’è chi è disposto a tutto pur di salvare la vita del più valoroso condottiero di Roma, colui che ha spinto i confini dell’impero oltre limiti inimmaginabili prima d’ora. Una corsa contro il tempo, che nulla può contro l’avanzata di Giulio Cesare verso un destino ormai segnato.
Idi di marzo è il primo libro che leggo di Valerio Massimo Manfredi, perché ho sempre pensato che non fosse un genere nelle mie corde, quello del romanzo storico. A frenarmi era il timore di ritrovarmi tra le mani un libro lento, cavilloso, infarcito di nozioni noiose e poco attinente con i giorni d’oggi. Eppure mi sono ricreduta, anche perché questo romanzo si legge come un thriller, uno di quelli in cui si conosce fin dall’inizio come si conclude la storia ma la curiosità di sapere come ciò avvenga ti spinge a leggere ancora e ancora.
La storia è quella nota – forse non proprio nel dettaglio, ma quanto basta per sapere cosa avvenne il 15 marzo del 44 avanti Cristo, il giorno delle Idi di marzo appunto. Ad essere trattati con dovizia di particolari sono gli ultimi otto giorni di vita di Giulio Cesare: non solo le responsabilità, le preoccupazioni del pontefice massimo, i presentimenti che qualcosa sta per avvenire, ma anche gli affetti, i rimorsi, il pensiero per le persone amate.
Quello che emerge è un quadro molto umano e dolorosamente pietoso dell’uomo, non del condottiero né del tiranno. Un uomo piegato dal dolore fisico del ‘morbo sacro’ oltre che dai turbamenti per le nefandezze di cui si è macchiato e a cui cerca di porre rimedio.
E non mancano riflessioni più profonde sui giochi della politica, dove a rimetterci è la democrazia, continuamente messa in pericolo dalle aspirazioni personali, dalle invidie, dal desiderio di vendetta.
L’odio tra fratelli è il più duro e implacabile.
Come ho detto, il romanzo di Manfredi si legge con la foga e la voracità di un thriller, seguendo capitolo dopo capitolo la corsa contro il tempo di chi vorrebbe evitare l’inevitabile. La sua è una ricostruzione storica dettagliata, pur nei limiti del possibile poiché:
La verità storica dei fatti è impossibile. Non solo perché la memoria di ogni uomo ha diverse estensioni, ma perché ciò che attira l’attenzione di uno sfugge a quella dell’altro.