Carlo e Isabel si incontrano, si innamorano e dalla loro relazione nasce un figlio, Pietro. Ma Isabel cerca la purezza per sé e per il figlio e questo suo accanimento rischia di avere conseguenze terribili per la crescita del piccolo.
Il bambino indaco è una storia drammatica, cruda e difficile da digerire (per tutti, ma per una madre un po’ di più). È la storia di un amore malato, di una ricerca disperata verso una perfezione che è impossibile da raggiungere senza che questo abbia dei risvolti negativi (che dico, negativi… nefasti).
Isabel è una madre, ed è una madre che ama il proprio figlio, che vuole il meglio per lui (come ogni madre, d’altronde). Ma arriva ad un punto in cui non riesce più a riconoscere cosa sia il bene e cosa il male, di cosa abbia fisicamente bisogno un bimbo di pochi mesi per crescere sano e forte.
Viviamo in un mondo contaminato: l’acqua che beviamo, l’aria che respiriamo, per non parlare del cibo pieno di conservanti, ormoni, metalli pesanti, il famigerato olio di palma… E che una mamma presti un occhio di riguardo a queste cose è quasi un atto dovuto al figlio che ha messo al mondo. Ma quello che fa Isabel è un gioco al massacro, un disperato tentativo di tenerlo al di fuori da ogni possibile contaminazione, così da preservare l’aura color indaco del suo bambino speciale.
Lo svezzamento fu rigorosamente naturale, biodinamico, vegano, crudista. Nel frattempo mio figlio aveva quasi interrotto la crescita. Un bambino della sua età avrebbe dovuto lievitare come una forma di pane. Lui invece ne aveva solo per mantenersi in vita e non certo per aumentare di peso.
Il personaggio di Isabel irrita e fa rivoltare lo stomaco, ma suscita anche una sorta di pena perché ci si rende conto che la sua è una malattia, un autolesionismo che trascina nel tunnel del dolore anche quella creaturina che è sfinito dalla fame, che non ha più neanche le forze per piangere.
Mio figlio muore di fame e lei medita in soggiorno.
Ma c’è un’altra madre in questo romanzo che spezza il cuore per la sua tenerezza: la madre di Carlo, la nonna del piccolo Pietro. E, si sa, una nonna è due volte madre, quindi l’istinto di protezione verso i propri “cuccioli” è doppiamente forte, più disperato e disposto a tutto per la sopravvivenza della specie.
Il bambino indaco è una storia scritta da un uomo dal punto di vista di un uomo, quello di Carlo (che a dire il vero, è troppo attento a non far precipitare la situazione per essere effettivamente risolutivo), ma è nell’universo femminile che affonda il colpo.
Un romanzo breve che si legge in una manciata di ore ma che sedimenta nel profondo, lasciando un segno indelebile.