Il giovane JR vive con la madre nella scalcagnata casa del nonno e l’unico contatto che ha con il padre che lo ha abbandonato da piccolo è la sua voce che esce dalla radio. Pur legatissimo alla madre, nessuno riesce a sopperire alla mancanza di una figura paterna che lo guidi nel processo di crescita, fino a quando non diventa il pupillo degli uomini del bar.
Ognuno di noi ha un luogo sacro, un rifugio, dove il suo cuore è più puro, la sua mente più lucida, dove si sente più vicina a Dio e all’amore o alla verità o a qualunque cosa gli capiti di venerare. Nel bene e nel male, il mio luogo sacro era il bar di Steve.
Romanzo di stampo autobiografico, Il bar delle grandi speranze racconta alcuni episodi salienti dell’infanzia e dell’adolescenza del giornalista e scrittore americano J.R. Moehringer. Ma questo è soprattutto un romanzo di formazione in cui un bambino cresciuto senza una figura maschile stabile finisce per essere educato dagli uomini del bar. Abbandonato dal padre, cresciuto nella casa del nonno verbalmente violento e con una madre che si fa in quattro per guadagnare quanto basta per uscire definitivamente dalla casa paterna, J.R. vede lo zio Charlie come un idolo da seguire e da imitare. Ed è proprio lo zio a portarlo nell’ambiente del bar.
Lungi dall’essere connotati in senso negativo, avvolti dai fumi di sigari e sigarette e inebriati dall’alcol, gli uomini che incontra finiscono per essere un esempio, una guida, e da tutti loro il giovane J.R. può prendere stralci di verità, di esperienze di vita da cui attingere a piene mani la saggezza degli adulti.
Miraggio negli anni dell’infanzia, il bar di Steve (il Dickens poi rinominato Publicans), diventa la sua isola felice non appena l’età anagrafica gli dà accesso al bancone: da sempre un personaggio solitario, JR inizierà a sentirsi parte di un tutto, di una famiglia che lo accoglie e che lo apprezza. Un mondo fatto di uomini che si punzecchiano, ma con un bicchiere sempre pieno in mano si raccontano e si sostengono vicendevolmente.
Il punto di forza di questo romanzo è la fluidità in cui lo scrittore ci accompagna lungo il suo percorso di crescita, in una New York di gente semplice, con problemi di lavoro, donne, soldi persi scommettendo sconsideratamente, ma pur sempre gente con un cuore grande e i valori giusti, l’amicizia in primis.
Se c’era una cosa da cui ero dipendente, era il bar. Non riuscivo a immaginare la mia vita senza. Non potevo concepire di lasciarlo. Dove sarei andato? E se me ne fossi andato, cosa sarei diventato? Quello che ero si era confuso col posto in cui ero, e l’idea di buttar via tutto, il bar e la mia immagine di JR-nel bar, mi terrorizzava.
Dopo esser stata impressionata dall’intensità di Open, la biografia di Andre Agassi di cui Moehringer è coautore, ho apprezzato questo libro pur non avendo trovato quel quid che rende un’opera scritta un vero capolavoro, Tende infatti a dilungarsi troppo nella seconda parte della storia (che è poi proprio quella legata al tanto agognato ingresso al bar) dove una serie di aneddoti e di chiacchiere al bancone sono rilevanti per comprende la dipendenza psicologica dal luogo, ma francamente rallentano la lettura.
Comunque, nel complesso un’ottima prova, una lettura distensiva, piacevolissima e, a tratti, emotivamente coinvolgente.