Il capitano Simonini, attraverso un improbabile diario, ricostruisce la sua vita a partire dall’indottrinamento antisemita del nonno fino alla professione di falsario nella Francia di fine Ottocento. Ma quando la sua memoria si fa lacunosa interviene, su quelle stesse pagine di diario, l’abate Dalla Piccola. Un alter ego del protagonista o un semplice interlocutore informato sui fatti?
Questo libro mi occhieggiava dagli scaffali della mia libreria da un paio d’anni, ma per un motivo o per l’altro ne rimandavo la lettura, forse per paura di scontrarmi (più che incontrarmi) con un mostro sacro della letteratura italiana. Quando ho saputo della morte di Umberto Eco, ho capito che il suo momento era arrivato, ora che l’autore è entrato di fatto nel novero degli scrittori del passato.
Ecco il mio omaggio a lui.
Chi non legge a 70 anni avrà vissuto una vita sola: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è un’immortalità all’indietro.
Non avrei saputo descrivere meglio la passione che mi porta a leggere compulsivamente. E, riprendendo le sue stesse parole, vorrei aggiungere che chi non legge non sarà con Simonini in Sicilia, al fianco di Garibaldi, di Ippolito Nievo e di Nino Bixio, non si intratterrà con Dumas, non sarà tra le fila dei cospiratori parigini ai tempi della Comune, non smaschererà i sotterfugi della massoneria francese, non prenderà parte ad una messa nera…
Il cimitero di Praga è una ricostruzione dei fatti più salienti dell’Ottocento, passando dai moti rivoluzionari del ’48, all’impresa dei Mille, alla guerra franco-prussiana e al clamore dell’affare Dreyfus. Un racconto romanzato sì, ma dove tutti i personaggi – ad eccezione del protagonista, come specificato dall’autore stesso – sono reali. Ed è proprio lui, il capitano Simonini, l’artefice di tutto. Un uomo viscido, sleale, un falsario senza scrupoli, anticlericale, antigesuita, antimassonico, un mercenario che odia i francesi, i tedeschi e perfino i suoi compatrioti italiani coerenti “solo a cambiar bandiera a ogni vento”. Ma più di tutti odia gli ebrei che tratteggia come avari, affaristi ipocriti e falsi, a cui sono da attribuire le colpe delle nefandezze che scuotono l’Europa. Ed è a loro che fa riferimento quel cimitero di Praga del titolo: un presunto incontro tra giudei complottisti che studiano il modo per insinuarsi in tutti gli anfratti del mondo e piegarli al loro potere.
Oh davvero, bisognava essere stato quella notte nel cimitero di Praga, perdio, o almeno occorreva leggere la mia testimonianza di quell’evento, per capire come non si potesse più sopportare che quella razza maledetta avvelenasse la nostra vita!
All’uscita de Il cimitero di Praga nel 2010, il romanzo venne considerato politicamente scorretto e per questo aspramente osteggiato dalla critica (specialmente quella clericale). Si temeva che, a forza di dipingere gli ebrei come la feccia della società, si potesse insinuare il dubbio nelle coscienze. Mi viene da pensare: allora, per lo stesso motivo, bisognerebbe bruciare i libri sulla Shoah perché potrebbero istigare a compiere lo stesso sbaglio? E, ancora, i thriller trasformano forse i lettori in feroci serial killer?
A mio avviso, invece, la ricostruzione storica di questo libro – ribadisco, romanzata – non deve scostarsi molto dalla verità dei fatti e dalla mentalità bieca e antisemita del mondo di allora, se non più di cinquant’anni dopo hanno fatto al popolo ebraico quello che hanno fatto. E non dimentichiamo che, se è vero che in queste pagine i toni si fanno a volte molto aspri riguardo agli ebrei, è pur vero che Umberto Eco riporta testi o articoli effettivamente in circolazione all’epoca.
Oltre alla trama – che tra l’altro offre lo spunto per rispolverare un po’ di storia dell’Ottocento – una nota di merito va alla costruzione di questo romanzo, che viene raccontato a tre voci: spesso infatti il narratore onnisciente lascia spazio ad un quanto mai improbabile scambio epistolare tra questi due strambi personaggi, il Simonini e l’abate Dalla Piccola, riservandosi il compito di mettere chiarezza qualora le due versioni fossero discordanti o poco coerenti.
Umberto Eco in questo romanzo si conferma un grande conoscitore dei fatti storici, che ha saputo riprendere e maneggiare, costruendo un intreccio che ripropone la grettezza, la corruzione e l’arte della manipolazione di quel mondo – a dire il vero non molto diverso dal mondo d’oggi. Più che mai attuale.