Nunzio è gay ed è sufficiente questo per provocare la violenza bruta del padre e dei fratelli e per farlo finire sul primo aereo per l’Inghilterra; sua nipote Annina, destinata a respirare lo stesso clima di repressione, ripercorrerà le orme dello zio per seguire i suoi sogni.
Il figlio prediletto di Angela Nanetti, candidato al Premio Strega, racconta due storie di sofferenza e ricerca della propria strada lontano dal paese natio che li respinge.
Due protagonisti che non si conosceranno mai, due membri della stessa famiglia che portano un cognome scomodo, i Lo Cascio, esponenti di spicco della cosca calabrese.
Sono zio e nipote, accomunati dallo stesso desiderio di libertà e di ribellione. Con una sola differenza: Nunzio è stato allontanato dal paese con la forza per non disonorare quel nome che tanto rispetto pretende da tutti i compaesani; Annina invece fugge (la prima volta quando è solo una bambina), perché ha capito quanto marcio ci sia tra le mura domestiche.
Niente dentro di lui teneva più: non la fiducia negli uomini, non la speranza di futuro, nemmeno la sua identità. Di Nunzio Lo Cascio era rimasto solo un mucchio di carne dolente, che chiedeva di non avere ricordi né pensieri.
Entrambi sono stati violati da chi dovrebbe proteggerli e amarli per quello che sono, senza pregiudizi, incondizionatamente. Ma lui è omosessuale e lei vuole diventare attrice (il che corrisponde ad essere una pputtana di teatro) e non c’è posto per gente come loro nella famiglia. Qualsiasi mezzo è ammesso per sottometterli; altrimenti c’è l’esilio.
Due personaggi diversi ma in un certo senso complementari: laddove Nunzio è debole, Annina è coraggiosa e si butta a capofitto nella sua personale avventura.
E, nonostante la resistenza alla figura paterna, il vincolo familiare è per entrambi forte, così come il desiderio di tornare indietro, verso madri omertose e nonne incapaci di rassegnarsi alla perdita di quel figlio prediletto che non è mai tornato.
Fortissimo il contrasto dato dall’ambientazione: da una Calabria retrograda in cui vige ancora un regime patriarcale, a una Londra che offre un’intera gamma di possibilità, ma soprattutto la libertà di scegliere chi essere.
Che mio padre fosse della ’ndrina l’avevo capito da tempo, ma finché stavo al paese non me n’ero curata. Non ti accorgi dell’aria che respiri, la respiri e basta. E se poi ne respiri una migliore pensi solo a riempirti i polmoni.
Siamo tra gli anni Settanta e gli anni Novanta, uno scarto di vent’anni che non ha prodotto alcun mutamento nella provincia italiana, dove ancora una volta sono gli uomini a comandare e la donna non deve impicciarsi delle faccende dei mariti ma pensare solo alle cure domestiche; dove l’omosessualità, il comunismo e le luci della ribalta sono messi al bando; dove un ragazzo “diverso” e una ragazza ribelle vanno rimessi in riga con ogni mezzo a disposizione.
Un romanzo che commuove, in cui si respira un’aura di malinconia e non dà scampo (né forse speranza di redenzione). Un libro magnetico che sul quel podio del Premio Strega 2018 avrebbe fatto bella mostra di sé.