Leonardo, Eva e Giorgio si raccontano a un intervistatore che vuole scrivere un romanzo sul piacere, ma i loro racconti prenderanno strade che vanno ben oltre l’esperienza sessuale.
Un quinto posto di tutto rispetto al Premio Strega 2018, Il gioco di Carlo D’Amicis è un romanzo che gira intorno al tema del sesso come elemento ludico che è alla base delle scelte dei tre personaggi.
Un triangolo amoroso come tanti – tra moglie e marito si introduce l’amante prestante – dove però è il cornuto a orchestrare il tutto, dando il via ad un gioco che li definisce come il bull (l’amante), la sweet (la moglie fedifraga) e il cuckold (il marito che si eccita guardano la sua donna posseduta da un altro uomo).
Definire il sesso un gioco aiuta a sentirlo frivolo, lieve, a suo modo innocente. Ma non c’è gioco senza rischi, e quello che corre un libertino ogni volta che, pensando di calarsi semplicemente le mutande, mette a nudo la propria anima, è un rischio infido.
Viene così a delinearsi un gioco di ruoli che nel tempo si stabilizza, si regola ma che inizierà a perdere un po’ del suo smalto, se non proprio a sfiorare il limite dell’abitudine e della noia.
Pensato come una lunga intervista a ciascuno dei tre componenti del triangolo, il romanzo si divede in altrettanti capitoli che guidano il lettore all’interno del gioco stesso ma anche più in profondità, nel vissuto e nella psiche dei protagonisti.
Attraverso l’espediente erotico – che si addentra a tratti nella pornografia spinta – scopriamo come ciascuno di loro sia arrivato a diventare quello che è, le prime esperienze e la formazione sessuale. Ecco quindi che ci si rende conto che l’atto sessuale non è che un abito indossato per coprire la loro vera natura, la sensibilità e l’altruismo che spinge a soddisfare in tutto per e tutto la persona amata.
Devo ammettere che all’inizio mi sono sentita urtata da tanta esplicita minuziosità nel descrivere l’atto, ma già dopo qualche pagina ho capito che l’unico modo per apprezzare il libro era quello di stare al gioco, lasciandosi trascinare nel torbido della vicenda (che poi, a conti fatti, così torbida non è).
Nelle prime due parti, con l’intervista del bull e della sweet, è palpabile la tensione sessuale che i due sprigionano, e salta all’occhio come tutto il loro percorso sia disseminato da esperienze fuori dalla norma, tanto da far impallidire il lettore medio.
Ma è nella terza parte, dedicata all’intervista del cuckold e dove il registro diventa decisamente più soft, che tutti i nodi vengono al pettine e si scopre come le carte siano nel tempo state mischiate.
Noi siamo prigionieri del gioco, vediamo solo quello e non pensiamo mai che le nostre mosse possano avere delle conseguenze al di fuori del campo.
Insomma, sembra tutto molto giocoso, molto ilare, eppure man mano che si entra nel vivo del racconto si scopre quanto dolore si nasconda in ciascuno di loro, la loro adolescenza e i pochi rapporti veri costruiti nel tempo. In qualche modo tutti e tre hanno toccato con mano la solitudine, e l’antidoto all’isolamento sembra essere questo bizzarro (ma quanto mai tangibile) rapporto a tre.