La vita di Nora e suo marito subisce un’impasse quando la loro governante, la signora A., si ammala di cancro e lascia l’impiego. A risentire di questo cambiamento non sarà solo l’assetto domestico ma soprattutto il loro rapporto, come se fosse proprio lei a mantenere in equilibrio due vite altrimenti allo sbando.
Nella banda riassuntiva de Il nero e l’argento si focalizza l’attenzione su una presunta crisi dei due protagonisti, sulle piccole scaramucce che una giovane coppia deve incontrare nella loro ancor giovane vita coniugale, quando un evento è venuto a incrinare un equilibrio fragile.
Una famiglia alle prime armi è talvolta anche questo: una nebulosa contratta di egocentrismo a rischio di implodere.
È indubbio che un certo parallelismo ci sia, ma in realtà il fulcro della narrazione ruota intorno alla malattia della signora A., ed è lì che il romanzo trova i momenti più interessanti. Chi ha vissuto il deperimento e poi la perdita di una persona cara ammalata di cancro, riconoscerà in queste pagine tutte le tappe di un sentiero già battuto: lo shock iniziale nell’apprendere la notizia, il senso di inutilità che pervade, la compassione nel vedere l’effetto devastante del veleno chemioterapico, infine l’attesa e l’addio definitivo. Vivere quell’esperienza è come trovarsi su un’altalena che oscilla tra la speranza (per lo più irrazionale) e la rassegnazione. Tutte uguali le storie di cancro.
E Giordano cerca un parallelismo tra la malattia del fisico e quella di una storia d’amore arrivata ad un’impasse.
Anche una coppia giovane può ammalarsi, di insicurezza, di ripetizione, di solitudine. Le metastasi sbocciano invisibili e le nostre hanno presto raggiunto il letto.
In questo Il nero e l’argento, lo stile di Paolo Giordano è più maturo rispetto a quello de La solitudine dei numeri primi, ma soprattutto più evocativo. È evidente infatti una ricercatezza maggiore di un linguaggio che sappia trasmettere con poche parole l’intensità della situazione tragica. Ma l’impressione è che non basti mettere insieme qualche bella parola e qualche espressione ad effetto per suscitare quel pathos e quel coinvolgimento che avevano emozionato nella storia di struggente solitudine del suo primo romanzo.