Quando Ricciardi esce di casa per recarsi in caserma si trova davanti il brigadiere Maione in compagnia di Clara, la domestica di Livia, corsa a chiamarlo perché ha trovato la sua padrona a letto, incosciente e con una pistola in mano. Al suo fianco il maggiore Manfred von Brauchitsch, morto.
Con Il pianto dell’alba. Ultima ombra per il commissario Ricciardi Maurizio de Giovanni scrive l’atto conclusivo della saga di uno dei commissari più amati del panorama nostrano. Questa volta il caso da risolvere non è come tutti gli altri: c’è in ballo la vita di Livia Lucani, vedova Vezzi, amica di Ricciardi e da sempre innamorata di lui. Non solo, ma i nemici da smascherare non sono teppistelli di quartiere ma squadre extragovernative che si muovono nell’ombra e che non hanno problemi a far sparire chi si mette sul loro cammino.
Ecco perché il nostro commissario deve agire con estrema cautela, combattuto ancora una volta tra l’affetto che prova per Livia – misto ad un senso di colpa per il dolore procuratole – e l’amore che lo lega a Enrica, ora sua moglie e in attesa del loro bambino. Ma una mossa falsa può mettere in pericolo la vita di tutti loro.
La paura, pensò Ricciardi. La paura, quella morsa allo stomaco e al cuore, il respiro che si fa corto, il sudore. Se hai qualcuno che ami, se qualcuno dipende da te, la paura è diversa. Cambia colore.
E lo sanno bene le persone coinvolte che sanno ma non parlano, perché temono per la propria incolumità e per quella dei propri cari.
In questo episodio si intrecciano le vicende personali e professionali di poliziotti fidati e di poliziotti corrotti imbrigliati nelle trame della politica (non solo fascista ma anche nazista). E ritroviamo – quasi a dare anche loro l’ultimo saluto al lettore – i personaggi principali che hanno accompagnato le avventure del commissario Ricciardi in tutti questi anni. Ci sono gli inseparabili Maione e Modo, c’è il femminiello Bambinella con i suoi esilaranti sketch, c’è la fedelissima Nelide più agguerrita che mai e, in qualche modo, torna anche la zia Rosa per dispensare un po’ della sua saggezza. Tutti riuniti per un gran finale che, come al solito, ha il sapore dolce-amaro (più amaro che dolce, a dire il vero).
A mio parere Maurizio de Giovanni ha creato un nuovo modo di intendere il genere giallo/poliziesco, dove non ci sono più solo la vittima, il colpevole e il movente ma ci sono i sentimenti; i suoi personaggi sono così ben caratterizzati che il lettore non sente solo una conoscenza di lunga data, ma un’affinità.
Il personaggio di Ricciardi, poi, ha cambiato il concetto stesso di eroe: è sì l’uomo che combatte le ingiustizie, che scova i criminali e li mette dietro le sbarre, ma è soprattutto un uomo tormentato, malinconico e solo, che tende a isolarsi e, per questo, a ferire chi lo ama per tenere per sé il peso del suo segreto. Un uomo per cui non c’è pace, che ha conosciuto tanti dolori e quando sta per afferrare la felicità se la vede evaporare sotto il naso, un uomo per cui (forse) non ci potrà mai essere un lieto fine. Un personaggio indimenticabile!