Harriet ha pochi mesi quando il fratello maggiore Robin viene trovato morto impiccato all’albero del giardino. Anni dopo, sconsolata vittima di quell’omicidio che ha devastato la sua famiglia, Harriet decide di trovare l’assassino di suo fratello Robin e di farsi giustizia da sola.
Il piccolo amico è tra le opere di Donna Tartt la più bistrattata, quella che ha riscosso meno successo sia tra il pubblico che nella critica, eppure è un libro affascinante, a metà tra saga familiare, romanzo di formazione e d’avventura.
Dalla banda esplicativa la storia sembra un qualunque giallo dove la protagonista, un’investigatrice appena undicenne, si mette in testa di farsi giustizia da sé, vendicando il fratellino morto.
Ma la verità è che il dolore che prova per quella perdita non le appartiene, non l’ha vissuto (essendo il fattaccio avvenuto quando aveva pochi mesi di vita) ma da quel giorno quel lutto ha segnato ogni giorno e ogni anno della sua esistenza. Un lutto che le ha portato via il padre, già tendenzialmente assente e pieno di sé, ma anche la madre e la sorella maggiore, entrambe abuliche e in perenne stato di torpore.
Harriet è perciò cresciuta in una casa spenta, senza colori, senza risate, e tutti quelli che la circondano (comprese la nonna e le vecchie prozie) sembrano andare avanti solo grazie al ricordo del piccolo Robin, scordando che un’altra giovane vita ha bisogno di attenzioni e di amore. Ed è questo il movente che la spinge a mettersi in situazioni di pericolo: vendicare la morte del fratello per riprendere in mano la vita che le spetta.
L’unica cosa che sembrava avere un senso per Harriet era il pensiero di Danny Ratliff. Un pensiero che le bruciava. Come la lingua insiste a toccare il dente cariato, così lei continuava a pensare a Danny per sperimentare le proprie sensazioni. E ogni volta, puntualmente, la invadeva una rabbia profonda come scintille da un nervo scoperto.
Devo ammettere che mentre all’inizio mi irritava la lentezza con cui procedevano i fatti, poi ho iniziato a prenderci gusto, tanto che la seconda metà del libro me la sono centellinata perché, nonostante i difetti evidenti del romanzo (in primis quel ritmo sincopato e lento che in alcuni passaggi ti costringe a saltare qualche paragrafo), ti ritrovi ad essere così dentro alla storia che senti avanzare un senso di colpa all’idea di lasciare una volta e per sempre la piccola Harriet.
L’unico neo che posso attribuire a questo Il piccolo amico è che manchi un po’ di quell’imprevisto che ne Il cardellino era sempre dietro l’angolo (anche se poi il voler mettere così tanta carne al fuoco si è rivelato, secondo me, uno sbaglio): se quello eccedeva nelle disavventure del protagonista, questo tratta forse pochi accadimenti (se si considera la mole di quasi 700 pagine).
Bene, forse la Tartt poteva essere più concisa ma quel ritmo cadenzato si rivela l’arma vincente per far crescere un malessere interiore che si trasforma in pura tensione nelle battute conclusive.
Inoltre è il suo scavare nella psicologia di ciascun personaggio che consente di restare impigliati nelle maglie delle singole personalità. Come non provare affetto per l’amichetto Hely, per la nonna Edith o per le prozie, per la sempre presente tata Ida, che tutti insieme rappresentano il punto di riferimento della protagonista?
E Harriet non è forse il perfetto connubio di tenerezza e perfidia, con il suo bisogno di conforto celato dietro ai modi bruschi e scostanti? Una ragazzina più matura della sua età ma che cerca di recuperare un po’ di quella spensierata infanzia che le è stata rubata.
E che dire dello stile della Tartt. È una scrittrice che non si stanca mai di descrivere minuziosamente tutto, dai paesaggi alle sfumature caratteriali dei suoi personaggi. Ti sembra di essere lì, in una cittadina sonnacchiosa per la calura estiva, nella terra polverosa del Mississippi, circondato da serpenti di tutti i tipi e personaggi loschi che si aggirano indisturbati.
Un libro che ha aspettato tanto nella mia libreria ma che finalmente ha trovato il momento giusto per sedimentare un pochino dentro di me. Consigliato!