Anna O’Donnell è una bambina di undici anni che da quattro mesi non tocca cibo. Per verificare la veridicità di questo fenomeno, il comitato del paese assume due infermiere per tenere sott’occhio la piccola per due settimane. Una di loro è Lib, una donna forte che crede fermamente nella medicina ma non nei miracoli ed è sicura di sbugiardare la bambina e la sua famiglia.
Il prodigio di Emma Donoghue, ispirato alla storia vera delle digiunatrici religiose, è un romanzo potente di cui ci si innamora man mano che si legge e da cui non ci si riesce a staccare del tutto neanche quando si volta l’ultima pagina.
Quello tra Lib e Anna è un confronto tra due mondi diversi e apparentemente inconciliabili: da una parte la scienza, con le sue regole precise e inappuntabili; dall’altra la fede condita di credenze irrazionali e inspiegabili. Tra le due protagoniste però pian piano si crea un legame unico, fatto di compassione, tenerezza, condivisione.
Siamo nell’Irlanda della seconda metà dell’Ottocento, in una piccola comunità cattolica che anela a diventare il centro della cristianità portando all’attenzione del mondo un caso miracoloso, senza precedenti. La gente è in visibilio e nella mentalità retrograda e ignorante ciò che conta è il miracolo.
Il prodigio vivente è lei, Anna, mandata da Dio per mostrare la profondità della sua anima e l’inutilità del corpo e già una folta schiera di credenti vengono a lei per una parola di conforto, per una preghiera, per toccare la piccola santa. La sua storia rappresenta il punto di svolta per tutte le autorità del paese: dal parroco al medico, tutti aspirano alla propria gloria personale dimenticando che in gioco c’è la vita di una bambina. Dal canto suo Anna è l’emblema della santità, della fede incrollabile e non ha paura di andare incontro al suo destino, qualsiasi esso sia.
Anna O’Donnell ci credeva con tutta l’anima. Poteva anche essere un caso di isteria, ma in assoluta buona fede.
Lib fu presa dallo sconforto. Allora non era un nemico quella bambina dal viso dolce, né una scaltra detenuta. Solo una bambina che camminava senza saperlo verso un precipizio. Era solo una paziente che aveva bisogno di essere aiutata. Alla svelta.
Il cambiamento di Lib è invece quello che più coinvolge. La sua durezza si stempera di fronte a questa bambina dolcissima, e i dolori che si porta dietro in silenzio trovano un varco nella corazza che si è creata e vengono fuori in modo dirompente, permettendole così di andare avanti.
Questo libro è disturbante perché il lettore passa dal sentirsi incerto, incuriosito dal bizzarro fenomeno all’essere profondamente in empatia con la bambina e con la sua carceriera e amica, ma non ci mette molto a irritarsi per la dabbenaggine della comunità e dalla famiglia in primis. Un romanzo emozionante, da leggere assolutamente.