Maya è una ragazzina di 19 anni ma ne ha già passate tante: la droga, la fuga da un centro di riabilitazione, le violenze sessuali, la prostituzione, lo spaccio, la vita per strada. Ora la cercano l’FBI, l’Interpol e un gruppo di mafiosi di Las Vegas. Per metterla in salvo, la nonna Nini l’ha spedita nella sperduta isoletta di Chiloé affidandola alle cure del buon Manuel. Qui ritroverà se stessa e scoprirà l’amore.
Non c’è che dire la Allende è una scrittrice poliedrica. Sa commuovere quando parla di faccende di cuore, sa stuzzicare la curiosità quando racconta di miti e leggende del popolo cileno e, con Il quaderno di Maya – una sorta di romanzo di formazione – riesce a tratteggiare alla perfezione lo squallore della vita nei bassifondi.
Il tutto si snoda su due piani della narrazione: quello del presente sull’isola di Chiloé e quello del passato nei meandri più torbidi di Las Vegas. Personalmente ho trovato più interessante questa seconda parte, il racconto di una vita fatta di scivoloni, tra droga, prostituzione e spaccio. Un racconto moderno, toccante, di un verismo a volte anche raccapricciante.
Ci sono momenti in cui non si ha il minimo controllo sulla propria vita, le cose succedono e basta.
La parte invece di rinascita della protagonista confinata in un’isoletta sperduta nel nulla dà la possibilità all’autrice di sviluppare tutta una serie di considerazioni sul Cile, dalle tradizioni alle abitudini, dalle credenze popolari alla pura e semplice quotidianità. Beh, tutto questo è indubbiamente interessante ma, per chi segue la scrittrice dagli inizi, ha un po’ il sapore del già visto: è una materia che indubbiamente sa maneggiare bene ma che ha snocciolato a dovere nei romanzi precedenti. Qui invece queste spiegazioni finiscono per spezzare troppe volte e troppo a lungo il filone retrospettivo, che invece è denso di avvenimenti ed è più avvincente da seguire.
La felicità è saponosa, scivola tra le dita e invece ai problemi ci si può attaccare, offrono un appiglio, sono ruvidi, duri.
In definitiva, devo ammettere che sono rimasta un tantino delusa. Capisco l’amore della scrittrice cilena per la sua terra, ma speravo che per una volta potesse focalizzare l’attenzione su altro. Certo è che, se anche se mi aspettavo qualcosa di diverso, ho ritrovato lo stile semplice e diretto di una scrittrice che resta comunque una delle migliori degli ultimi decenni.