Questo libro nasce dall’esigenza dello scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun di rispondere ad una domanda di sua figlia apparentemente semplice: “Papà, cos’è il razzismo?”
Il razzismo spiegato a mia figlia nasce come saggio breve scritto da Tahar Ben Jelloun nel 2008 ma che nel corso di dieci anni è stato rivisto e corretto più volte. Di fatto il dialogo tra padre e figlia occupa una porzione davvero infinitesimale del libro (una quarantina di pagine al massimo), ma negli anni gli aggiornamenti e le numerose appendici hanno così ampliato il volume da renderlo davvero lungo e a tratti anche ripetitivo.
Ero molto curiosa di capire qual sia per l’autore il modo migliore per affrontare un tema così ampio e spinoso, ma soprattutto verificare se è effettivamente un testo che dei ragazzini delle medie possono comprendere con facilità. Bene, devo purtroppo dire che secondo me non è alla portata di tutti.
Intanto lo stile non è poi così semplice (in questo caso mi sento di consigliarne semmai una lettura con un adulto che possa spiegare il contenuto in modo più approfondito); in secondo luogo mi è sembrato che facesse riferimento a troppi avvenimenti storici, dando quindi per scontato che i ragazzi ne abbiamo quantomeno un’infarinatura generale. Non mi riferisco solo alla questione degli ebrei, sia nei pogrom che nei campi di concentramento nazisti, ma anche alla questione degli armeni, degli indiani d’America, della guerra tra israeliani e palestinesi.
Ammetto inoltre di non trovarmi d’accordo con tutto quello che Ben Jelloun scrive, ma non mi sento razzista per questo. Un esempio su tutti: lo scrittore marocchino sembra dimenticare in che epoca storica viviamo e quando parla della paura per le donne con il burqa fa riferimento a una presunta diffidenza verso una diversa cultura, non al fatto che lì sotto si può nascondere qualsiasi integralista armato. È lo spettro del terrorismo che ci ha resi tutti più sospettosi!
Il razzismo esiste ovunque vivano gli uomini. Non c’è nessun paese che possa pretendere che non ci sia razzismo in casa sua. Il razzismo è nell’uomo. È meglio saperlo e imparare a respingerlo, a rifiutarlo. Bisogna controllare la propria paura e dirsi: “Se ho paura dello straniero, anche lui avrà paura di me”. Si è sempre lo straniero di qualcuno. Imparare a vivere insieme, è questo il modo di lottare contro il razzismo.
Come ho già detto, trovo che questo libro sia un testo che si prefigge un compito davvero importante: quello di educare i ragazzi al rispetto reciproco, all’integrazione, ma soprattutto a non temere chi arriva da lontano e ha abitudini, religioni e cultura diverse. Tutto giusto, ma non è neanche corretto far passare il messaggio che il sospetto o la paura verso ciò che non conosciamo sia già di per sé da considerarsi razzismo. A parte ciò, penso che sia un saggio da leggere, da rileggere e di cui parlare (nel bene e nel male) per tenere alto l’interesse sull’argomento.