Lucien Gobillot, un avvocato non più giovane e molto apprezzato nell’ambiente forense e nella società aristocratica, accetta di difendere la giovane prostituta Yvette dall’accusa di furto e omicidio, ma tra loro nasce una storia di sesso e di dipendenza.
Scritto di getto e pubblicato nel 956, In caso di disgrazia è un altro brillante gioiellino uscito dalla penna prolifera di Georges Simenon. Anche questa volta, l’autore belga prende a pretesto la vicenda personale di un avvocato di successo per raccontare le abitudini e, più ancora, le nefandezze della società del suo tempo.
Il triangolo amoroso tra Lucien, sua moglie Viviane e la giovane Yvette non si svolge nell’ombra, lontano da sguardi indiscreti, bensì tutti sanno e sono accondiscendenti (o sarebbe più giusto dire indifferenti) alle conseguenze di quel tradimento plateale. Non che d’altronde il loro sia un caso isolato, tutt’altro.
L’autore descrive situazioni salottiere i cui partecipanti – uomini e donne di spicco della società parigina – sono soliti accompagnarsi con amanti dichiarati, alle spalle di mogli e mariti che sopportano senza batter ciglio.
In questo suo diario/testamento, il protagonista racconta senza mezzi termini la sua relazione extraconiugale, le pulsioni sessuali e la promiscuità consumata nella casa che ha comprato per la sua amante. Se si considera che il romanzo risale agli anni Cinquanta è facile immaginare l’impatto che avrà avuto tutto questo parlare esplicitamente di sesso su un pubblico bigotto e conformista. Ma lui, Simenon, non si censura né si lascia influenzare dalle tendenze letterarie e pubblica un’opera che è attualissima anche ai giorni nostri (sarà che le manipolazioni e gli intrighi amorosi sono sempre gli stessi!)
Rimane una spiegazione, ma nessuno ci crederà: la volontà di rendere felice qualcuno, di prendersene cura totalmente, qualcuno che ti deve tutto, che fai uscire dal nulla sapendo che ci ritornerà se gli vieni a mancare tu.
Non è per questo che tanti hanno un cane o un gatto, dei canarini o dei pesci rossi, e i genitori non si rassegnano a vedere i figli andare a vivere da soli?
Si prova pena per questi suoi personaggi? No. Così come non li si condanna. Sono solo tre esemplari di una società in cui ognuno recita la parte che gli è stata assegnata. Perciò troviamo l’avvocato che si è fatto strada grazie ad un matrimonio di convenienza; l’affascinante nobildonna che è a conoscenza del potere che esercita (e lo esercita come meglio può); la prostituta che non si nega a nessuno perché la sua dipendenza dai soldi è un bisogno quasi fisico.
Come in Tre camere a Manhattan e ne L’assassino, Simenon racconta con cinismo i fatti ma soprattutto i caratteri, senza puntare mai il dito contro nessuno dei protagonisti, come un osservatore a cui nulla sfugge ma che non viene coinvolto emotivamente.