Cinque prostitute vengono trovate morte tra agosto e novembre 1888, accoltellate e barbaramente fatte a pezzi da uno squilibrato, un maniaco sessuale che sfida la polizia a trovarlo e si fa chiamare Jack lo Squartatore. L’ispettore Abberline dovrà battere ogni pista per mettere le mani sull’assassino e ristabilire l’ordine per le strade di Londra.
In Jack lo Squartatore Robert Bloch – autore del più famoso Psycho – dà una sua interpretazione sulla vicenda del mostro che ha ucciso cinque prostitute nell’Inghilterra vittoriana.
Inizialmente non è facile entrare nel vivo della storia perché ci si deve barcamenare tra una serie di nomi, senza capire chi saranno i protagonisti e chi solo delle comparse di passaggio. Ma una volta inquadrata la situazione, ci si lascia trascinare nella vicenda, imbattendosi in loschi personaggi – o presunti tali – tra le vie buie e inquietanti di Londra.
La morte di Mary Jane Kelly trasformò la città in un grande manicomio echeggiante delle urla degli internati. Per la paura alcuni si nascosero dietro porte sbarrate, altri corsero via, ma dovunque si alzò un clamore impazzito – voci che balbettavano per il terrore, che elevavano proteste, che gridavano vendetta. Le grida di giorno erano orrende, ma di notte i sussurri erano peggiori. Sussurri di ombre che balenavano nel buio, di forme spaventose che si aggiravano nell’ombra, di presenze invisibili che si muovevano furtive e si acquattavano nelle tenebre, di creature coperte di sangue con coltelli insanguinati, in attesa di colpire ancora.
Una nota di merito va senza dubbio alla ricostruzione storica, che restituisce l’immagine triste e squallida del quartiere Whitechapel, tra i più malfamati della città, e di una mentalità bigotta che reprime le pulsioni più basse in nome di un falso perbenismo.
E a questo proposito Robert Bloch non manca di citare personalità di spicco dell’epoca, che di questa doppiezza hanno fatto il loro marchio di fabbrica: da Oscar Wilde a Robert Louise Stevenson, fino ad Arthur Conan Doyle, il cui celeberrimo investigatore, Sherlock Holmes, entrerà in modo del tutto inaspettato nella storia per dire la sua sulla tragica circostanza.
La costruzione del racconto fa sì che tutti diventino sospettati, sia per l’ispettore che conduce l’indagine che per i lettori che ne seguono gli spostamenti, in un vortice di ipotesi e supposizioni. La suspense cresce pagina dopo pagina in un crescendo di aspettative che trovano una soluzione – come nei migliori thriller – nelle battute finali del libro.
Certo, sarebbe troppo sperare che Robert Bloch abbia colpito nel segno, indovinando come si è conclusa una vicenda – tra le più macabre della storia d’Inghilterra – che ad oggi non ha trovato una soluzione. Lui un’interpretazione la dà e, se pur abbastanza fantasiosa, non delude: anzi, ha una sua coerenza e una ragione d’essere.
Peccato che sia solo materia di un libro dalla trama ben orchestrata, ma non la verità dei fatti.