Clara Salvemini viene investita da un’auto mentre cammina nuda e sanguinante in mezzo alla strada. Eppure suo padre Vittorio, potente uomo d’affari, è intenzionato a far passare la sua morte come un suicidio per proteggere la famiglia da un presumibile scandalo.
Vincitore del Premio Strega 2015, La ferocia racconta una storia torbida i cui particolari vengono fuori a poco a poco e la vera natura delle persone viene a galla pagina dopo pagina. Quello che ne esce è un quadro deprimente, un bestiario umano in cui nessuno – pare – sia immune al fascino della corruzione, un mondo miseramente frivolo e arrivista.
I personaggi delineati sono tutti in qualche modo vuoti, privi di sentimenti, feroci appunto. Ipocrisia, rabbia, rancore, recriminazioni, odio viscerale: questi sono i sentimenti che legano i personaggi della famiglia Salvemini. E neppure la morte di Clara (figlia, sorella, moglie) sembra rendere più amabili i comportamenti degli altri membri. Come se quella morte non sia altro che una macchia indelebile sul buon nome dei Salvemini, una macchia che, ignorandola, potrebbe scomparire un giorno.
La morte della ragazza è il motore che muove le riflessioni e i ricordi di coloro che l’hanno conosciuta e che hanno avuto legami con lei (e nell’elenco non mancano personaggi di spicco della Bari elitaria e facinorosa.) Questi ricordi – che a noi lettori arrivano inframmezzati al racconto degli eventi presenti (in modo a volte un po’ confuso, se vogliamo fare le pulci allo stile dell’autore) – sono ciò che rendono più chiaro il passato della vittima, le sue abitudini sessuali, le trasgressioni, l’abuso di droga, l’essere sempre al di sopra delle regole imposte dalla famiglia.
Insomma, quello che esce fuori del personaggio principale è un quadro poco edificante, che in qualche modo la rende fautrice del suo destino: Clara è una ragazza facile, incline al tradimento, che manipola gli uomini con il solo scopo di saggiare il suo stesso fascino. Una ragazza capace di provare un sentimento di puro amore per un solo uomo, suo fratello Michele.
Fu allora che Michele sentì il colpo. Di ritorno nella casa dove era cresciuto, la villa dai disegni razionali che aveva fatto in tempo a odiare prima che quel che c’era dentro fosse in grado di distruggerlo, fu lacerato dall’idea della morte di sua sorella Clara, orrenda, impossibile da accettare perché, venuto meno l’architrave, il resto dell’edificio sarebbe dovuto essere già in polvere, invece lui era in piedi, così avvertì anche la scossa che incrinava la falsa idea di successione cronologica su cui organizziamo la vita e le giornate.
Certamente La ferocia non è un romanzo che si legge con voracità, visto che lo stile è a volte inutilmente artificioso. Dico inutilmente perché questa storia non avrebbe bisogno di un registro così alto per essere un’ottima opera. Lo è un’ottima opera, ma forse con uno stile più fluido e meno pomposo avrebbe riscosso maggiori consensi di pubblico (è pur vero che la critica l’ha conquista al primo colpo).
Ho comprato questo libro un anno fa ma avendo letto in rete tanti commenti negativi ho desistito dall’iniziarlo. Adesso, a lettura ultimata, posso dire che La ferocia è il ritratto di un’aristocrazia che purtroppo anche nella nostra bella Italia c’è, esiste, è tangibile. Dove i soldi possono comprare tutto, anche il silenzio delle vere vittime, e i valori cristiani sono sotterrati sotto cumuli di rifiuti tossici. Dove anche i più insospettabili si rendono complici per omertà.
Forse Nicola Lagioia ha peccato di retorica stilistica, ma la storia che racconta è più reale di quanto si possa immaginare.
Nicola Lagioia
La ferocia
Einaudi, 2016