In un albergo sempre diverso, tra Portogallo, Spagna, Stati Uniti e Italia, tra un incontro con i lettori e l’altro, Vilas riflette sul senso dei ricordi, sulla depressione con cui deve fare i conti ogni giorno e con la gioia che, all’improvviso, illumina i momenti cupi.
La gioia, all’improvviso è l’ultimo romanzo del romanziere e poeta Manuel Vilas e, come per In tutto c’è stata bellezza, si tratta di un’autobiografia che ripercorre alcuni episodi inerenti la sua famiglia d’origine e quella che ha messo su con la moglie.
Come già nel precedente romanzo, l’autore dimostra una propensione alla malinconia, alla sofferenza provocata dal continuo ricordare momenti di felicità passata. Ricorda il padre e la madre, perché evocare i morti è il suo modo di amarli, di renderli partecipi della sua vita da orfano, in giro per il mondo, su un aereo, nella stanza di un hotel. Ma ricordare lo rende triste, gli fa sentire Arnold (il suo demone interiore) sempre più vicino. Ed è allora che si aggrappa alla vita con maggior trasporto, cercando un contatto con i figli Valdi e Bra.
E anche il suo viaggiare forsennato è per l’autore un modo per fuggire da se stesso, per non soffermarsi a pensare. Stare in movimento è come non definire la propria identità, è renderla mutevole e non chiuderla in uno status definito.
Quando Arnold appare al suo fianco, lo spinge a un passo dal baratro. Personificare le sue paure più profonde, dare un nome a quella sensazione di nervi tesi, gola chiusa e pupille dilatate è un modo per esorcizzare la disperazione. E anche se la depressione accompagna la sua vita, è forte in lui la consapevolezza che la gioia è a un passo e può esplodere così, all’improvviso. La gioia – che è più preziosa della felicità – nasce guardando i figli che crescono, la spremuta d’arancia che la moglie gli fa trovare tutte le mattine, l’incontro con una vecchia fiamma o con qualche conoscente dei genitori.
Bisogna essere sempre preparati alle più grandi delusioni che si possano immaginare; e dentro quelle delusioni bisogna fare spazio alla gioia, sì, alla gioia.
L’unica cosa sacra è la gioia.
Vilas è bravissimo a trasmettere la gioia di quei momenti che danno il senso a un’intera esistenza. E il suo combattere ogni girono una guerra titanica contro Arnold deve essere da monito a quanti si sentono schiacciati dal peso della sofferenza.
Detto questo, devo ammettere che questo La gioia, all’improvviso ricalca troppo fedelmente il modus operandi di In tutto c’è stata bellezza, dando la sensazione del già sentito. Peccato!