In seguito al ritrovamento di un antico volume medievale, l’archeologo Luc Simard e il suo amico Hugo scoprono una caverna riccamente affrescata da pitture rupestri. Un mistero si cela dietro a quella inaspettata scoperta, ma qualcuno è pronto a tutto pur di insabbiare le indagini…
Ormai nell’Olimpo degli scrittori di thriller più accreditati, Glenn Cooper sforna un libro dietro l’altro e, per quanto cerchi di stare al passo coi suoi ritmi, resto sempre un po’ indietro. È un autore brillante che riesce a catturare l’attenzione del lettore, trasportandolo attraverso diversi piani temporali e dandogli modo di incontrare personaggi (spesso noti) di epoche lontane tra loro e da noi. Purtroppo però non posso dire che non deluda mai, ma di certo non annoia: al limite lascia un po’ insoddisfatti!
No, non stava a lui decidere il destino di quel segreto. Era compito di Dio. Lui sarebbe stato l’umile scrivano del Signore. Avrebbe narrato per iscritto la storia della caverna e dell’Infuso della Rivelazione. E forse qualcuno, in futuro, l’avrebbe letta. Oppure no. Dio soltanto l’avrebbe saputo.
Ne La mappa del destino si passa dalle incredibili scoperte dell’homo sapiens, all’epoca in cui san Bernardo e Abelardo discorrevano di teologia, di filosofia e delle passioni del cuore. Anche se viene rispettato lo schema ampiamente collaudato di spostare l’attenzione da un periodo storico all’altro, a mio avviso in questo caso questo espediente non raggiunge l’effetto sperato, anzi. Invece di amplificare il pathos, spezza il ritmo e fa perdere il filo del discorso.
Non c’è dubbio, il libro si legge con voracità e interesse trascinandoti in un’aura di mistero. Ma un difetto c’è, e tutt’altro che trascurabile: la trama non è delle più originali, e in più passaggi mi sono chiesta dove avessi letto una storia simile. Insomma, una lettura distensiva e catalizzante, perfetta per intrattenersi durante questa calura estiva, ma niente di più…