Sophie è una trentenne che porta con sé un bagaglio di sofferenza e la paura costante che la follia si impadronisca una volta per tutte di lei. Il suo peggior incubo si avvera quando una mattina si accorge di aver ucciso il piccolo Leo, il bambino a cui fa da babysitter. Non sarà il primo crimine di cui si macchia ed è costretta a vivere nell’anonimato per scappare alla giustizia.
Che fascino hanno le donne uscite dalla penna di Pierre Lemaitre! Così misteriose, inafferrabili, un po’ vittime e un po’ carnefici, donne in fuga con un passato da nascondere. Non fa eccezione Sophie, protagonista di questo L’abito da sposo: anche lei scappa cercando di sfuggire ai fantasmi di un passato che non la abbandonano mai e lasciando dietro sé la scia del sangue di persone innocenti.
Ci sono voluti meno di due anni perché diventasse pazza, meno di una notte perché diventasse una criminale, meno di due ore per diventare una donna braccata, con tutta la sequela di paure, di sospetti, di scaltrezze, di angosce. […] È la seconda volta nella sua vita che vede fino a che punto una vita normale può precipitare, in un secondo, nella follia, nella morte. È finita. Tutto deve finire qui.
Per metà il romanzo segue un’andatura lineare, procedendo passo passo sulle orme della ragazza accusata di omicidio. Ed è quando la storia inizia a perdere mordente e a divenire più lenta e banale, ecco che arriva la svolta.
Cambia il punto di vista, si torna indietro di diversi anni e ci si addentra nella mente di un cacciatore che ha un piano ben preciso per portare a termine una sua personale vendetta. Tutta la vicenda inizia a prendere una piega inquietante e si assiste all’attuazione di un piano machiavellico ordito da una mente malata.
Nel corso di questi mesi siamo stati, io e lei, come due attori ciechi di una stessa tragedia: siamo fatti per ritrovarci, e il momento si avvicina.
La terza parte invece vede alternarsi la prospettiva dei due protagonisti, vittima e carnefice faccia a faccia fino alle ultime, decisive mosse.
L’abito da sposo è un thriller claustrofobico, di quelli che ti smuovono qualcosa dentro nell’assistere inermi ad una ingiustizia così palese. Pierre Lemaitre è molto abile nel tenere alta la tensione e nel costruire incastri ben congegnati, ma il finale poteva essere più curato e meno frettoloso. Ad ogni modo un gradino sotto ad Alex che, ancora una volta, ritengo il meglio che potesse scrivere!