Hans e Konradin, due ragazzi sedicenni schivi e timidi, si incontrano e diventano amici nonostante le loro diversità. Hans è ebreo, Konradin è ariano. Siamo nel 1933 in una Stoccarda dove la guerra sta per mettere in discussione ogni legame, anche quelli che sembrano indistruttibili…
Per rendere il mio tributo alla Giornata della memoria, ieri sera ho riletto L’amico ritrovato. Una ventina d’anni dopo la prima volta e con una consapevolezza diversa (mi chiedo se allora mi fossi realmente chiaro il quadro storico-politico in cui è ambientato). Di certo, stavolta ho sentito un peso incombere sulla storia, in attesa di un finale che già conoscevo ma non ricordavo così lapidario. Il senso di questo romanzo breve è tutto lì, nelle ultime righe.
Come si possano racchiudere le emozioni e il pathos vibrante in soli tre righe è un mistero a cui solo i grandi scrittori sanno dare risposta. Dal canto mio quell’epilogo è una poesia in prosa e ha suscitato in me sofferenza, rabbia, fiducia nei valori veri.
Il tema centrale del libro è l’amicizia, apparentemente forte e incrollabile, anche quando a metterci lo zampino è la Storia. Pochi i riferimenti alla situazione politica dell’epoca, ma è proprio lì che sta la tragicità del romanzo: nella spensieratezza dei sedici anni.
La politica riguardava gli adulti; noi avevamo già i nostri problemi. E quello che ci pareva più urgente era imparare a fare il miglior uso possibile della vita, oltre, naturalmente, a cercare di scoprire quale scopo avesse, se l’aveva, e a chiederci quale potesse essere la condizione umana in questo cosmo spaventoso e incommensurabile. Questi sì che erano veri dilemmi, quesiti di valore eterno, assai più importanti per noi dell’esistenza di due personaggi ridicoli ed effimeri come Hitler e Mussolini.
Non starò qui a dilungarmi sull’importanza del libro – che forse è ben poca cosa rispetto ad altri che affrontano lo stesso periodo storico – ma L’amico ritrovato è un romanzo che avvicina alla tematica dell’Olocausto in modo più trasversale, meno diretto ma non meno incisivo. Un romanzo che non racconta l’orrore di quel che è stato ma cerca il lato buono, l’appiglio a cui aggrapparsi per non soccombere davanti agli errori commessi dai nostri avi.