Giulia è all’ospedale dove suo marito e il suo amante sono stati ricoverati per ragioni diversi. Combattuta tra il ruolo di moglie e quello di amante, riflette sul suo essere una donna in cerca di serenità, quella serenità che uno sbaglio commesso a sedici anni le ha tolto per sempre.
Esiste un momento preciso nel destino di ognuno di noi in cui una cosa diventa chiara: siamo sempre noi gli unici responsabili delle nostre azioni.
Questo il preambolo de L’amore addosso, l’ultimo romanzo (il primo per me) di Sara Rattaro. Eppure sembra che la protagonista, Giulia, non sia conscia che quello che le è capitato nella vita non sia unicamente conseguenza delle scelte altrui, e che un bel po’ delle responsabilità dovrebbe imputarle solo a se stessa.
Nelle migliori famiglie, i panni sporchi si lavano tra le mura domestiche. È così che è cresciuta Giulia, nascondendo la verità a tutti, ed è così che continua a condurre la sua vita: commettendo errori che non devono uscire allo scoperto.
Non c’è nulla da fare. Per quanto sia intenso il nostro dolore e profonda la ferita, avremo sempre una sola convinzione. Che esista un solo modo di agire: il nostro.
Il romanzo è uno di quelli che potrebbe essere catalogato come romance, dove l’amore citato nel titolo è comprensivo del sentimento costruito negli anni per un marito, quello passionale e impulsivo per un amante, quello tormentato per un figlio mai conosciuto, quello conflittuale per una madre troppo pressante. Viceversa, può essere interpretato anche come l’amore di colei che cerca di tenere in piedi una famiglia, pur risultando manipolatrice e irrispettosa nei confronti dei singoli membri. Ma, d’altronde, è amore anche quello!
Da qualsiasi angolazione lo si voglia guardare, i protagonisti (ma soprattutto le protagoniste femminili) sono combattuti tra ciò che va fatto e ciò che si desidera, mettendo in scena una serie di errori e misunderstanding da fare invidia alla tragedia greca.
Pur non essendo un libro propriamente nelle me corde, non mi sento di sconsigliarlo in assoluto, perché ha una struttura ben costruita e la Rattaro dimostra di saper maneggiare la penna. Ma temo che non abbia scritto niente che non fosse già stato raccontato, con la discriminate che il suo stile è quello tipico della maestrina che vuole dispensare perle di saggezza. Ammetto che non mi è proprio andato giù il corsivo di cui fa largo uso per esprimere una serie di massime e aforismi che dopo un po’ risultano irritanti e, a mio avviso, non sono che un modo per compiacere il lettore con frasi ad effetto (ma, spesso, forzate).